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a favellare, essendo andato il gesuita a Gratz e a Klagenfuth, il principe visitò col conte Negrelli, suo cavaliere, l’Ungheria, fermandosi anche a Giavarino, governo del Montecuccoli, il quale aveva ordinato che con speciali onoranze vi venisse accolto, se non che ciò non ebbe poi luogo, volendo egli viaggiare incognito. Contro il divieto del suo Mentore di passare per Vienna, egli vi andò ad ogni modo, alloggiando ne’ sobborghi; nella quale occasione vi fu scambio di visite tra esso e il general Montecuccoli. Di là passò a Modena, dove instava di continuo per poter ritornare; ma fu costretto a ripartirne. Propose allora Raimondo alla corte di Modena che, se si avesse ad uscire in campagna, militasse quel giovane nelle truppe imperiali, offerendosi trovargli una compagnia della quale sarebbe capitano, se pure servir non volesse come soldato venturiere. E soggiungeva non esser dubbio che, dopo una campagna o due, gli avrebbe l’imperatore conferito il comando di un reggimento. Ma essendosi preteso di aver questo su quel subito, non se ne fece altro, e l’esercito imperiale andò privo di un infingardo e di un vigliacco, dal quale non era da aspettare cosa onorata. Le molte istanze del padre Carlantonio gli fecero poi avere una compagnia ad Annover, ove a lungo dimorarono. Voleva poscia quel principe nominarlo colonnello, ma ricusò esso di fare la richiesta dichiarazione di non temere i pericoli, allegando che anzi li temeva. Diremo tra breve come, invece di lui, il suo fratello Foresto, che era il men peggio dei tre, venisse nominato capitano; ma tutti, poiché fu venuto a morte nel 1672 il cardinal Rinaldo, un dopo l’altro tornarono a Modena; ove, allontanando dal giovane ed infermiccio duca la saggia sua madre e i ministri più fidati, molta e funesta parte si arrogarono nel governo dello stato. Allorché trovavasi il principe Luigi a Vienna, corse Raimondo un grave pericolo, essendo stato colto da un colpo apopletico, che non ebbe poi le conseguenze che da prima si temettero, e che durante il viver suo più non si rinnovò. Ha pubblicato il Mailàth la lettera, colla quale l’imperatore medesimo da Neustadt ove si trovava, annunziò il 14 di marzo del 1668 al Pöttinger, suo ministro a Madrid, la disgrazia ch’ei deplorava,