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la triplice alleanza di Olanda, Inghilterra e Svezia; onde per allora si contentò Luigi XIV di unire al suo regno dodici città conquistate, in luogo della Franca Contea che restituiva: e questo fu stipulato nel trattato di Aquisgrana l’anno 1668. Così, dice il Montecuccoli negli Aforismi, la gelosia de’ potentati salvò l’Olanda. Offerì quella pace una sosta all’ambizion francese per ordire nuovi intrighi, contro i quali indefessamente si adoperò, benché mal sostenuto dalla vacillante politica della corte di Vienna, quel Francesco De Lisola che vedemmo già prender parte col Montecuccoli ad alcuni trattati in Berlino. Di lui, che lo storico modenese Gazzotti disse essere “soggetto di grande intelligenza, e di potente persuasiva” scrisse, come notammo già, con senno e con amore il dottor Giulio Grossmann archivista imperiale a Berlino, valendosi di documenti raccolti negli archivii di Vienna; l’opera del quale ci tornerà opportuna nella relazione de’ casi di quest’epoca, insino al 1673 . Ma perdurando allora l’impero in pace, noi continueremo a dire di quanto pertiene all’insigne guerriero che a questo lavoro ci porse argomento, accennando da prima a due parenti suoi; a Felice cioè, uno di essi, che nel 1668 fu spedito a Vienna per officio di congratulazioni all’imperatore, a cui era nato un figlio: le quali congratulazioni si mutarono poi in condoglianze per la morte del medesimo. Era l’altro il gesuita Carlantonio, fratello di esso Felice, del quale avremo ad occuparci più oltre. Viaggiava esso allora in Germania col principe Luigi, uno di que’ figli di Borso d’Este, che il senno previdente del cardinal Rinaldo teneva lontani da Modena, acciò cogli esempi loro non inducessero il giovinetto duca Francesco II all’infingardaggine e ai vizii. Le lettere del padre Carlantonio che sono nell’archivio estense, ci fanno pessimo ritratto di quel suo allievo, al quale non mai gli riescì di fare apprendere cosa alcuna, neppure quelle buone creanze necessarie per lui ch’era mandato in giro per le varie corti della Germania. Nell’anno del quale entrammo