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que’ cortigiani avendo ricusato di concedergli quelle onoranze che spettavano ad un ambasciatore imperiale, trovò egli un termine arguto col quale mantenere il decoro del suo grado; e che allorquando quel medesimo spagnolo si congedò da lui, l’incaricava di assicurare l’imperatore della sua amicizia. Al quale strano discorso spiritosamente rispondeva Raimondo, per usar le parole dell’Huissen: “Signor sì, questo farò io, e so che l’Imperatore mio padrone già da lungo tempo ha fatto assicurare Vossignoria de’ suoi humilissimi servigi”: risposta che lasciò scornato quel borioso hidalgo, anche pel modo ironico con cui venne proferita. In quella occasione fu conferito a Raimondo l’ordine del toson d’oro.
L’arrivo del Montecuccoli in Milano al seguito della novella sposa si trova annunziato nella relazione dell’ambasciator veneto Busenello al senato, edita dal Mutinelli . Non assistette però alle feste (che l’ambasciator medesimo disse meschine), onde quella città onorò la venuta di lei, essendoché lo spedisse ella a Vienna con lettere sue per l’imperatore, il quale le avea mandato con altri incarichi il Del Carretto marchese di Grana, che in Milano si abboccò col Montecuccoli. Lentamente procedé la sposa alla volta di Vienna, e per poco stette che non vi arrivasse vedova e vergine. Serpeggiava a quel tempo nell’Ungheria un malcontento foriero di prossima rivoluzione, ritardata poi dall’improvvisa morte del capo di quella trama, che era quel Vesseleny del quale tenemmo già parola. Cinquecento congiurati al soldo di costui e di Zrin erano convenuti in armi al castello di Puttendorf pertinente al Nadasdy, mentre altri stavano nascosti nelle vicine terre. Attendevano essi che per quelle parti passasse l’imperatore, che sapevano dovesse andare ad incontrar la sposa in Stiria, deliberati coloro di trucidarlo; se non che, avendo egli anticipata la sua partenza da Vienna, rimase il reo disegno sventato. Quel fatto, di cui tiene ricordo nella sua storia d’Ungheria il Freschot ,