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rita, sorella del giovinetto re di Spagna, succeduto da breve tempo al re Filippo IV suo padre, era stata sposata per procura all’imperatore Leopoldo dal duca di Medina; e tosto veniva dato l’incarico al Montecuccoli di andare al Finale di Genova a ricevervi la sposa, la quale, non volendo passare per Francia, sarebbe sbarcata colà. Una lettera del 29 di maggio, dallo Stom indirizzata alla corte di Modena, annunziava infatti già partito a quella volta il Montecuccoli, seco conducendo il suo concittadino, conte Maurizio Masdoni. Erroneamente scrisse Priorato essere egli giunto al Finale il 4 di agosto, che fu il giorno dell’arrivo colà della infanta: a noi rimane invece una serie di lettere, che da quella città egli scriveva al principe Mattia de’ Medici, la prima delle quali è del 4 di luglio. In esse dava conto degl’indugi che soffriva per una cosa e per l’altra l’imbarco della nuova imperatrice. Colà si trovò poi egli con quel principe, suo corrispondente, mandato dal granduca di Toscana ad ossequiarvi la infanta. Scrisse il Priorato, che il giorno 22 di agosto fece Raimondo l’ambasciata dello sposo imperiale (e forse l’avrà fatta prima), la quale fu accolta “con aggradimento straordinario della civiltà del personaggio”; il che vorrà dire del modo con cui venne da Raimondo eseguita. E le presentò egli in quella circostanza un preziosissimo monile, dono dello sposo. Ma se dell’accoglienza ricevuta dalla novella imperatrice ebbe il generale a chiamarsi soddisfatto, non così fu del modo inurbano di quella turba di vanagloriosi spagnoli, ch’era al seguito di lei. Narra infatti lo storico Brusoni, che quelli tra essi di maggiore autorità nonché il governatore di Milano (Ponze de Leon) vennero meno allora a que’ riguardi cui aveva diritto, neppure “usando seco nei titoli il trattamento dovuto alle sue qualità”. E similmente mal si diportarono essi verso il principe Mattia de’ Medici, a nome del quale fece poi Montecuccoli in Vienna rimostranze all’imperatore, che disapprovò il contegno di coloro, come si ha da lettera di Raimondo al principe stesso. Della inurbanità degli spagnoli verso l’inviato dell’imperatore giunse notizia anche in Roma, come monsignor Rangoni scriveva al cardinal d’Este. Racconta poi l’Huissen che, uno di