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rimanente, porse agio ai turchi di volgere tutte le forze loro contro l’isola di Candia, la quale dallo stesso gran visir Koprili fu due anni appresso tolta ai veneti.
Checché ne sia degli errori della diplomazia imperiale, aveva il Montecuccoli condotto a fine egregiamente, in frangenti terribili, quanto a lui spettava, salvando la cristianità da una invasione lungamente paventata, e rintuzzando negli ottomani quell’audacia e quella fiducia nella vittoria, che già li facevano sfidare qual si fosse cimento. Gente senza dubbio ardimentosa, e forte così da tornare di molta gloria il superarla in battaglia; e per questo in più luoghi delle sue opere lodata dal Montecuccoli. Sappiamo anzi da Girolamo Venier, il quale fu nunzio veneto a Vienna dal 1689 al 92, usasse dire quel generale: “che l’imperatore dovea guardarsi di fare una lunga guerra contro i turchi, mentre venti vittorie non potevano abbassare la loro potenza, e all’incontro in una sola battaglia perduta poteva Cesare tutto perdere. S’aggiunge che la durazione della guerra insegna ad un nemico ch’era inesperto, l’arti e i modi di farla con vantaggio”. Porremo fine alla narrazione dei fatti di questa guerra, dando contezza di una Memoria presentata all’imperatore da Raimondo, al tempo della stipulazione della pace, per proporgli, come altra volta aveva fatto, di conservare stabilmente un corpo di truppe che, bene ammaestrato, e nelle arti della milizia di continuo esercitato, potesse trovarsi pronto ad ogni necessità anche improvvisa che se ne avesse. Esponeva come, dietro l’usbergo di un esercito stabile, più sicuri si sentirebbero i popoli, più liberi nell’esercizio delle industrie, aumentandosi per tal modo la prosperità e la ricchezza dello stato; mentre si asterrebbero gli stranieri dall’assalirlo, se lo sapessero apparecchiato a rintuzzare le offese. Le precedenti guerre avevano mostrato che scarsa utilità si traeva da milizie accozzate all’occasione, e inesperte del combattere; laddove, se le nuove leve si ripartissero tra i reggimenti veterani, s’avrebbe in breve tempo da esse una buona accolta di soldati. Essere destino, ei diceva, della casa d’Austria non trovarsi mai sicura della pace, per la vicinanza