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forse i destini della cristianità, e che del rimanente, se andasse perduta, si trarrebbe dietro la rovina di quel piccolo nucleo di truppe francesi. Da codeste ragioni persuaso il Coligny, consentiva che il La Feuillade medesimo con mille de’ suoi fanti e seicento cavalli comandati da un Beauvèze e i volontarii, andasse dove fosse per ordinargli il Montecuccoli. Li schierò quest’ultimo a fianco di tre reggimenti imperiali. Fu questo soccorso non meno efficace pel valore di que’ soldati, che opportuno, per esser giunto al general supremo allora appunto che tentavano i turchi accerchiare l’esercito cristiano passandogli al fianco, dove accortamente aveva collocato il Montecuccoli stesso le migliori fra le truppe imperiali, e assalendolo al tempo medesimo di fronte; il che se loro fosse riescito a bene, afferma negli Aforismi il Montecuccoli che sarebbero senza fallo rimasti vincitori. Ad essi mandò a vuoto nondimeno l’ardita impresa, lanciando da un lato contro di loro le ultime sue riserve, guidate dal principe di Lorena, e dall’altro lo Spork, con gran rovina de’ turchi; mentre opportune mosse eseguivano così i francesi, come i collegati, nella parte inferiore del fiume. Ma se veniva rimosso allora il sovrastante pericolo, difficile pur sempre rimaneva la condizione dell’esercito cristiano pel continuo accrescersi del numero degli avversarii; onde un panico si diffuse pel campo, come se inutil fosse il combattere contro così gran turba di gente. I francesi e le truppe dell’impero già caricavano lor salmerie con animo di ritirarsi, mentre molti senz’altro attendere già s’erano posti in salvo. Per questo procedere di una parte de’ suoi gravemente impensierito il general supremo, né trovando altro riparo tranne l’impedire che prendesse radice la mala disposizione degli animi; chiamatisi intorno i generali, efficacemente concionando li fe’ persuasi non esservi allora altra via di salute se non l’assalire con intero l’esercito il nemico, e fare l’estremo sforzo per cacciarlo nel fiume. Se poi a tanto non si riuscisse, non si doveva indietreggiare, ma fermarsi sul luogo col proposito di vincere o di morire. Voltosi poi al colonnello Miglio che gli era presso, dicevagli: “oggi appunto sono sei anni che Cesare ha ricevuta la corona dell’impero, ed oggi