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di lui pel timore, troppo fondato, d’esser prevenuto dalla cavalleria nemica al passo del fiume Raab, donde poteva dipendere l’esito della guerra. A Kesment più grave appariva il pericolo, dubbio essendo se ungheri e croati, ch’erano a guardia di quei passi, potessero a lungo difenderli; ma giunto colà con altre truppe il Montecuccoli, dovette il nemico desistere da ulteriori tentativi. A Vienna intanto, come scrivevano gli agenti diplomatici di Venezia e di Modena, ora dicevasi volesse il visir assalire la città di Papa, ove aveva il Montecuccoli introdotti quattrocento moschettieri , ed ora che, superati tutti gli ostacoli, fosse già arrivato a Gratz. La qual ultima notizia se trovò chi la credesse, farebbe fede dello sbigottimento che provarono gli abitanti della capitale, essendoché non sarebbe mancato modo di avere sopra un fatto di cotanta gravità precisi ragguagli. La verità era invece, che né la mala condizione delle strade, alle quali facevano anche ingombro soldati, che sfiniti per stanchezza e per fame più non potevano andare innanzi, né altre avversità bastarono ad impedire il passo al Montecuccoli, che si trovò dovunque presentavasi il nemico; il quale finalmente si vide astretto a cimentarsi in quella battaglia di San Gottardo, rimasta famosa nelle storie, e che se a bene gli fosse riescita, avrebbe potuto proceder sino a Vienna e dettarvi all’imperatore la pace.
Opportune all’uopo raggiunsero allora il Montecuccoli, come poco fa accennammo, le truppe dell’impero germanico comandante dal marchese di Baden, e quei 6000 francesi che dicemmo dal loro re mandati a combattere contro il turco, ai quali s’erano uniti non pochi volontarii. Condottier loro era il Coligny: i fanti sotto gli ordini del La Feuillade, i cavalli guidati dal Gassion, valenti tutti tre. Plauditi i francesi dal popolo