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chiamato a Vienna insieme coi capi dei diversi corpi del suo piccolo esercito, e là, come con lettera del 4 di dicembre annunziava il Federici, in consiglio fu discusso sul modo di provvedere ai gravi casi di quella guerra. Venne primamente proposto s’avesse a ricercare la cristianità intera di soccorso, contro la cresciuta baldanza degli ottomani; ma si dovette poi all’insistenza dell’imperatore se il suo ministro Porcia, sempre timoroso che si suscitassero impedimenti alla pace da lui agognata, si risolse di dar corso a quelle lettere ai diversi reggitori di popoli. Poscia l’imperatore il 25 di dicembre, seguitandolo i diplomatici accreditati presso di lui, andò a Ratisbona, ove aveva intimato la dieta de’ principi germanici, i quali con molta lentezza andarono a raggiungerlo colà, ed alcuni anzi per gare di precedenza non si mossero dalle case loro: tanto dopo la guerra de’ trent’anni era venuto meno il prestigio dell’autorità imperiale! Decretò la dieta un sussidio di soldati, che alcuni stimarono di 40.000 fanti e di 8000 cavalli, ma che in effetto, dice l’autore delle Azioni dei soldati italiani, riescì ad un terzo appena di quanto era stato promesso; qui però devesi notare che il Coxe, storico della casa d’Austria, a soli 6500 uomini fece ascendere il sussidio allora accordato. Essendo alla dieta intervenuto l’ambasciatore di Francia, offrì esso il concorso alla guerra di seimila soldati francesi. Denaro si ebbe dalla Spagna e da alquanti principi tedeschi ed italiani, ai quali ultimi l’imperatore aveva spedito speciali ambasciatori. Concesse Alessandro VII la facoltà di riscuotere una tassa sopra i beni ecclesiastici negli stati ereditarii dell’imperatore, e 700 scudi d’oro sui banchi. Questi però o non potevano riscuotersi, o solo con largo sconto, come narrò il Priorato, che insieme con altri contemporanei accusa papa Alessandro di aver rivolto in pro della sua famiglia (Ghigi) una parte delle decime da lui imposte per la guerra contro degl’infedeli, nonché i 200.000 scudi che per l’uopo medesimo aveva lasciati per testamento il cardinal Mazzarini. Non pertanto negli Annali d’Italia il Muratori, dice, questa essere stata una calunnia. L’impulso a quel sussidio fu dal Montecuc-