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tare il nemico, non dove le maggiori sue forze aveva adunate, ma altrove, e per mezzo di diversioni, come così bene gli era venuto fatto nella precedente guerra. Lasciando Souches a guardia dell’Ungheria inferiore con alcuni reggimenti, ai quali come avvisa il Priorato, fecero gli ungheri mancare i viveri, si pose Raimondo colle truppe in via pei luoghi designatigli; ma gli venne poi ritardato il cammino dalle sfrenate pioggie e dal fiume Vago, uscito dalle sponde. A Levenz, il 3 di agosto, gli fu riferito che incontrato si sarebbe, progredendo, in Alì pascià che a quella volta con artiglieria e con 60.000 combattenti procedeva, avendo anche posto assedio al castello di Hulst: ed egli animosamente messosi a capo di una parte de’ cavalli, mentre con 5000 di questi lo precedeva lo Spork, e le fanterie guidate dal principe di Baden dovevano tenergli dietro, mosse loro incontro. Ad una lega da Tokai così abilmente furono da lui disposte le cose, che, quantunque avesse divieto di attaccare i turchi, ai quali non s’era, come dicevamo, dichiarato guerra, dovendo soltanto tenersi sulle difese, credettero i mussulmani che s’apprestasse a piombare su di loro, e senz’altro attendere, si ritirarono al di là del Tibisco (ossia Theiss), intralasciando l’assedio di Hulst, e quello pur allora incominciato di Medgies, e le devastazioni di quelle terre. Raggiunto poscia Raimondo dalle fanterie, alle quali tre mila uomini del Kemeni s’erano uniti, non si peritò di correre sulle orme del nemico che si ritirava, pronto, se in lui s’avvenisse, a non tener conto, come negli Aforismi dichiarò, dell’ordine avuto di non attaccar battaglia con esso, potendo a sua discolpa allegare che coll’invadere i territori non suoi pareva avergli gettato il guanto di sfida. Di questi fatti presso Tokai fa menzione lo Stom altresì, e dice anche di un ponte, con celerità grandissima, come il caso richiedeva, fatto gettare da Raimondo sulla Theiss. Anche Filippo Cocchi modenese, segretario di Raimondo, che seco trovossi a quella guerra, e che