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dava perduto il frutto de’ faticosi apparecchi, e l’occasione propizia di conquistare le vicine fortezze, poco allora dai turchi presidiate. E andare si doveva dove nulla trovavasi preparato, e dove i pochi soldati che v’erano, morivan d’inedia o per mano degli abitanti; aggiungasi che le vie impraticabili farebbero perdere il tempo opportuno al combattere, mentre liberamente avevano insino allora scorazzato per ogni dove i mussulmani. Indarno supplicò il generale che da un progetto così inconsulto, intorno al quale amare parole dettò poscia ne’ suoi Aforismi, si desistesse, e in Roma corse anche voce, riferita il 30 di agosto da Antonio Bernardi diplomatico estense, che designasse andare egli stesso a sollecitare ordini più consentanei al bisogno, il che probabilmente non avrà avuto luogo . Né altro ottenne per avventura, se non quella somma di 300.000 fiorini della quale è parola nella lettera ora citata del Bernardi: scarso sussidio al bisogno delle sue genti. Crede il Priorato che il persistere l’imperatore in quel rifiuto, derivasse dal voler evitare una dichiarazione di guerra alla Porta, ma questo forse era un pretesto addotto a dissimulare il vero, giacché ovunque s’andasse, non si sarebbe evitato di dar di cozzo, o prima o poi, nel nemico. Di questo non s’avvedeva però il ministro Porcia, ne’ consigli imperiali gran fautore della pace ad ogni costo, che stava, secondo al senato veneto scriveva il Sagredo, come addormentato fra lo strepito di tante armi. A lui allude senza dubbio negli Aforismi il Montecuccoli ove dice: “Ma vi ha talora de’ Ministri maggiori d’autorità che d’esperienza (e chi può averla in tutte le cose?) i quali far da sé non sanno, seguir degli altri il consiglio, quasi bisognevoli dell’altrui lume non vogliono ec.” (vol. II, pag. 14, ediz. del Grassi). Se fu però mestieri al Montecuccoli di fare in questo le voglie altrui, ben è giusto il lamento ch’ei mosse, quando a lui si tentò imputare l’insuccesso di un’impresa diversa da quella da lui proposta, che consisteva nell’affron-