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di Vienna, acciò la partenza di Raimondo venisse affrettata. Il qual desiderio dei polacchi di trattare con vigore la guerra, se fu vero, renderebbe meno probabile ciò che negli Aforismi si legge: aver cioè quel popolo lasciato appositamente scorazzare l’esercito svedese pel regno, affinché (e intenderà pei disagi che infatti incontrò) si disfacesse, come in gran parte accadde. A noi per altro torna difficile il credere che uno scrittore così coscienzioso e sagace qual era il Montecuccoli, venisse circa questi particolari indotto in errore. Trovò Raimondo al suo arrivo, che lo Spork con 6000 uomini aveva posto assedio a Cracovia: ed egli, preso il luogo di quel suo luogotenente, si dié tosto a serrare più da vicino la città, la quale non tardò gran fatto, con sommo contento del re, ad arrendersi, uscendone primi tremila transilvano del Rakoczy, i quali, a norma di precedenti accordi, furono rimandati alla patria loro, e poscia il general Würtz con tremila svedesi. Per non privarsi di troppi soldati non volle Raimondo porre guarnigione imperiale nel castello di Cracovia, come Casimiro avrebbe bramato, ma lasciò presidiata solamente la città: e tosto altra impresa meditando, passò la Vistola a Polesco, e con soli 1500 cavalli e 300 dragoni corse difilato a Turonia (ossia Torun). Gettava da prima il 15 di ottobre un ponte sulla Druenza presso Plovitisch, espugnava poscia il castello di Galup ov’erano 200 svedesi, lasciando che i soldati suoi dessero il sacco alla terra; ed altri ridotti del nemico occupava, giungendo finalmente a Turonia, ove sorprese alcuni corpi avanzati, che lasciarono 200 morti sul campo. Ma la stagione troppo inoltrata, e l’avere il nemico bruciati i borghi della città acciò non trovassero gl’imperiali ove posare, impedirono ai cesarei di porre l’assedio a quella piazza. Insistevano a quel tempo i polacchi presso l’Hazfeld che con una porzione delle truppe marciava verso la Prussia, acciò concorresse ad effettuare quell’assedio, da essi molto desiderato, ma ciò non volendo egli fare, andò momentaneamente in Slesia; e ritornato di là più che mai