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vasi “supera la fortuna, e ricomincia a divertirsi alle solite caccie”. Poiché la regina Cristina ebbe deposta la corona, il timore l’assalse che il disegno da lei non manifestato al senato di convertirsi alla religione cattolica, venisse in pubblico prima della sua partenza; ond’è che ad evitare i pericoli che paventava, mentre le navi si apprestavano pel suo viaggio, con subitaneo mutamento d’idee nottetempo se ne partì vestita da uomo, da due sole persone accompagnata. Traversò la Danimarca e qualche paese della Germania, e al Montecuccoli, allora in Vienna, mandò sollecito invito acciò volesse raggiungerla ad Anversa, desiderando averlo a compagno nel viaggio che designava fare in Italia. Il primo di settembre veniva pertanto da Raimondo avvisato il principe Mattia della sua partenza per Brusselles, ove stimava dovesse allora trovarsi la regina, pensando poi di potere, dopo cinque o sei settimane, ritornare a Vienna. Ma erasi essa indugiata in Anversa, ed ivi alcun tempo rimase anch’egli con lei. Del suo soggiorno colà recano notizia due lettere di Raimondo al principe Mattia, la prima delle quali riportiamo per intero. Nell’altra è detto di molte dame e cavalieri, nonché degli ambasciatori di Francia e di Spagna, e dello svedese conte Todt, recatisi colà ad ossequiarla. Ecco ora quanto il 22 di settembre scriveva Raimondo da Anversa al principe toscano.

Ser.mo Principe, mio Sig.re Padron Col.mo
Mentre che in Brusselles si sta tutto immerso nelle turbolenze, per riparare col consiglio e colla mano all’esercito et alle cose necessarie all’esercito, e per rompere il disegno dei Francesi, il quale par essere di distruggere il paese e di levare il sostentamento per l’inverno; godo io qui l’honore di servire alla Ser.ma Regina di Svezia, dove i passeggi, le musiche, le commedie e le buone compagnie, che da tutte le parti concorrono qua a riverire questa gran Principessa, fanno rassomigliare questo luogo a una di quelle isole fortunate, che in mezzo ai flutti del mare adirato gode una placidissima tranquillità, o ad una di quelle altissime montagne che vede sotto di sé le nebbie