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mente a ciò che al principe toscano scriveva, indicato quelle sole che ad essa tornavano men decorose? E se non alla sua determinazione di farsi cattolica , ché in quel momento lo svelarla poteva portar pericolo, non avrebbe almeno accennato al suo desiderio di viver libera, alla poca propensione ad attendere al governo di uno stato, all’inclinazion sua agli studi, ai quali, come scrive l’Arckenholtz, le sorrideva di poter attender meglio e con più libertà nel dolce clima d’Italia, e a consimili ragioni ben note al Montecuccoli? Aggiungi, che l’autore di quelle Memorie afferma essere partito dalla corte di Svezia l’ultimo di gennaio, laddove Raimondo stette colla regina sino alla metà di marzo. Che se nella seconda memoria racconta lo scrittore, di essere stato anche ad Upsal, vien chiaro che non v’andò esso direttamente da Stokolm; invece Raimondo vi accompagnò la regina. I confronti che lo scrittore istituisce tra le corti di Stokolm e di Vienna, s’attaglierebbero bensì al Montecuccoli, ma del pari ad altri che d’entrambe avessero avuto cognizione. Checché ne sia, potrebbe ogni dubbiezza venir tolta di mezzo da chi negli archivi di Vienna rinvenisse l’originale di quelle Memorie, che essendo dirette ai ministri imperiali, è assai probabile che vi si trovino. Reduce dalla Svezia, Raimondo all’aprirsi del maggio era in Ratisbona, come si ritrae da una lettera che di là al duca di Modena indirizzava dandogli conto dei negoziati da lui ripresi circa l’acquisto del principato di Correggio, tanto bramato da Francesco I. Il 30 di maggio da Vienna scriveva del pomposo ingresso che in quella città aveva fatto il 24 l’imperatore, ricevendovi un donativo di 50.000 fiorini. Ito poi esso alle caccie, colse Raimondo il momento opportuno per rivedere il suo diletto Hohenegg. Il 5 di luglio da Vienna lamentava la morte, alla quale accennammo, del re de’ romani primogenito dell’imperatore, ammirando lo stoicismo di lui che, com’egli esprime-