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rienza e di valore nelle armi il principe Carlo Gustavo ch’ella si era eletto a successore, e del quale non tardò poi a trovarsi a fronte egli stesso in Polonia. Della Svezia diceva essere uno stato che si fondava sulla milizia, della quale pertanto si aveva gran cura, così di quella di terra come di quella di mare; notava poi, le entrate sue principali ritrarsi dalle miniere di ferro e di rame, dalla pece e dalle gabelle del traffico. E il duca di Modena, in risposta, con lui si congratulava, vedendo che dovunque il valor suo veniva grandemente pregiato.
Mentre trovavasi Raimondo a Stokolm, nuove e più ferme dichiarazioni della sua determinata volontà di abdicare faceva Cristina al senato, di ciò dando conto al suo confidente Chanut, ministro allora della Francia in Olanda. Questi nel gennaio, come a lungo aveva fatto precedentemente, tentò un’ultima volta di dissuaderla da quella risoluzione; ed essa a lui con una lunga lettera rispose, nella quale si trovano queste parole: “Il rimanente degli uomini non sa le mie ragioni e il mio umore, perché io non mi sono mai dichiarata ad altri che a voi, e ad un altro amico che ha l’anima grande e bella abbastanza, per giudicare come voi”. E questo io supposi già ch’esser potesse Raimondo, che da più tempo vedemmo essere stato a parte del suo segreto. Non parmi infatti che ella potesse alludere al Pimentell, confidentissimo suo, che solo nel 1652 aveva assunto quell’ambasceria, durante la quale cooperò anche alla conversione di lei al cattolicismo ; e meno poi al La Gardie dal quale si era clamorosamente staccata nel dicembre del 1653, laddove la lettera della regina è del 28 di febbraio del 1654: e nep-