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di Toscana parenti loro; i quali con isvariati divertimenti per una settimana furono intertenuti , finché nell’ultimo giorno di lor dimora in Modena, che fu il 14 di aprile, ebbe luogo quella giostra che per la magnificenza, e per la valentia di chi la dispose, e de’ cavalieri che vi presero parte, destò l’ammirazione di quanti ne furono spettatori. Quella festa d’armi, che importò al duca il dispendio, non lieve per quell’età, di 14 mila e 300 doppie d’Italia, era intitolata: “La gara delle Stagioni”, e fu descritta dal Graziani, e di recente nella Strenna modenese dell’anno 1844 da Giuseppe Campori. Ma se quella rappresentazione cavalleresca rimase a lungo gradito ricordo in molti di coloro che ad essa intervennero, un caso sventurato che vi accadde, lasciar doveva incancellabile dolore nell’animo di Raimondo. E il caso fu questo. Giostrava egli, nella prova che si fece del torneo, con un carissimo amico suo, Giovanni Maria Molza che forse gli era parente ; e o fosse, come accader può, che un qualche impeto del cavallo non gli lasciasse indirizzar bene la lancia, o che il colpo non venisse a tempo riparato, come egli si aspettava, avvenne che così gravemente restasse ferito il Molza nella gola, che in pochi giorni ne morì. Che dolore e che smarrimento d’animo provasse in que’ momenti il Montecuccoli, non saprebbesi dire a parole: e con che poca volontà, non potendosene esimere, prendesse poi parte a quel torneo mentre era moribondo l’amico suo, è più agevole l’immaginarlo che lo scriverlo. Giostrò egli nella squadra dei zefiri che aveva a