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Ma quel progetto dalla malignità de’ ministri spagnoli di Milano venne fatto svanire; ond’è che non tardasse più oltre il duca di Modena ad accettare il comando in capo delle truppe francesi in Italia, coi patti che si posson legger nel Mercurio del Siri, fra i quali era quello di non avere a portare le armi contro l’imperatore. Non ho documento a provare che in tal circostanza il conte Alfonso rinnovasse la dimanda pel congedo di Raimondo, ma forse avrà trovato egli medesimo, dopo quanto era precedentemente accaduto, che inutile sarebbe tornato l’insistere sopra di ciò, E neppure mi è noto se in qualche luogo si abboccasse con lui, non essendosi la sua dimora in Germania protratta oltre un mese. Da Vienna il Torresini lo annunziava già partito in una sua lettera del 4 di maggio 1647, insieme con un marchese Malaspina, ed una buona scorta di servi a cavallo e ben armati “perché le insolenze de’ soldati rendevano mal sicuro il viaggio”. Non fu per altro a Vienna, secondo stimo, il generale Raimondo, quantunque ve lo chiamasse il Torresini; il quale reputava opportuno che di persona facesse istanza per conseguire il grado che dicemmo essergli stato promesso. Ma in altra sua lettera posteriore (del 25 di maggio) narrava, che allora Raimondo era stato chiamato in quella città per un consiglio di guerra presieduto dall’imperatore, dove far doveva relazione delle cose di Slesia e di Moravia, ed esporre al tempo medesimo l’opinion sua circa il modo con che s’avesse a condurre la nuova spedizione in quelle provincie. E questo fece egli a voce e per iscritto, specialmente insistendo acciò venisse colà rinforzato l’esercito, il che, come di consueto, gli venne promesso.
Più gravi ancora che per l’innanzi si facevano i pericoli in quelle parti, perché al Wittemberg, che andava ad unirsi a Wrangel, veniva sostituito nel comando delle truppe svedesi il Königsmark generale ancora più energico e di più grido. Il Montecuccoli poi, quantunque insistessero i ministri acciò senza indugio ritornasse in Slesia, non trovavasi in grado per allora di soddisfare a quel desiderio. Lasciando stare che, secondo scriveva il Torresini, “la poca applicazione e la gran confu-