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che la famiglia di lei fosse conosciuta anche fuori dello stato estense, alcune essendovene che adempir potevano a questa condizione. La mancanza di una virgola tra le qualità richieste nel casato, e le parole che seguono, sembrerebbero escludere la prima supposizione che avemmo a fare. Dichiarava poscia Raimondo che se non gli venisse fatto di levarsi dal servigio imperiale, si vedrebbe astretto a cercar moglie in Germania: nel qual caso leverebbe dal monastero di San Geminiano i denari, gli argenti e le gioie che ivi da sua sorella erano con altre cose tenute in deposito. Nel gennaio del 1647 spediva ad Alfonso, che allora trovavasi a Vienna, una sua supplica all’imperatore, e un’altra per l’arciduca Leopoldo, e lettere per gli amici suoi Leslie e Swarzenberg, in molta grazia dell’imperatore il primo, come Alfonso scriveva al duca, e dell’arciduca Leopoldo il secondo; e allo stesso Alfonso raccomandava allora che non ristesse dall’adoperarsi per ottenergli il congedo, giacché a tale scopo aveva egli intrapreso un così lungo viaggio. Nella supplica all’imperatore veniva Raimondo significando: fargli istanza e comandamento il duca di Modena di passare in Italia al servigio di lui con quegli onori ed emolumenti che il suo parente Alfonso a lui dichiarerebbe; a tener l’invito di quel principe astringerlo l’obbligo suo naturale verso il medesimo, e a ciò consigliarlo altresì la circostanza della tregua posta allora al combattere, la quale per i trattati iniziati poteva in breve mutarsi in pace. Chiedeva pertanto di lasciare il servigio attuale nell’esercito imperiale, o almeno, se questo gli venisse negato, un congedo durabile insino al quetarsi delle turbolenze che le armi forestiere minacciavano d’ogni parte all’Italia. All’arciduca, col quale in più stretta relazione si trovava, aggiungeva che molto in grado sarebbegli tornato se, innanzi alla partenza sua, gli avesse mandato quella patente di generale di cavalleria che aveva mostrato intenzione di concedergli. Al Leslie confidentemente diceva, voler levarsi di Germania “per la volubilità e l’incostanza di queste guerre e fortune”, e ancora per provvedere alle cose sue. Servendo il duca di Modena, soggiungeva, non tornerebbe all’imperatore