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era a fronte degli svedesi, il conte Colloredo, del quale era ospite, non gli permise di proseguire il cammino, troppo mal sicure, per cagione degli sbandati delle truppe, essendo allora le strade. Se non che portaglisi poi occasione di unirsi ad un corpo di soldati, raggiunse egli Raimondo a Freiberg ove a quel tempo alloggiava. “L’ho trovato (così scriveva al duca), in ottima salute, desiderosissimo di tornare ai servigi del suo sovrano e ai riposi della patria”. Di questo non gli fu pertanto necessario di insistere presso di lui, tanto più che proponeva egli medesimo di partir tosto senza attendere la patente di generale di cavalleria che credeva prossima a giungergli, ma che tuttavia non gli pervenne, come diremo, se non più tardi. Per mandare ad effetto questo desiderio suo, incaricava allora quel parente suo di rappresentare all’imperatore, come, trovandosi ormai in età crescente (secondo si esprimeva), gli facea mestieri tornare in patria “a gettar qualche stabile fondamento alle sue cose, dal qual sortirebbero servitori della casa imperiale”: con che alludeva ad un futuro suo matrimonio. Insistesse pertanto acciò gli fosse conceduto di obbedire alla chiamata del principe suo naturale; s’adoprerebbe intanto egli medesimo per ottenere, valendosi di persone confidenti sue, il congedo richiesto. Ne’ discorsi confidenziali con Alfonso, Raimondo lo mise in cognizione dei dispiaceri che gli emuli suoi non si stancavano di procurargli, il generale Buchaim tra gli altri, che aspirava a surrogarlo nel comando che allora esercitava. Lo stesso Colloredo, presso il quale aveva Alfonso dimorato, gli si faceva contro, e aveva negato a lui e alle sue truppe i quartieri d’inverno in Boemia. Con lui s’intratteneva altresì del suo progetto di non differire più oltre a metter casa del proprio, prendendo moglie. Una memoria a tal uopo gli lasciò, nella quale le intenzioni sue a questo riguardo veniva esponendo. In questa a lui dava incarico, se riescito gli fosse di procurargli il congedo, di ricercargli “qualche partito di matrimonio in una casa grande, cospicua e conosciuta fuori del ducato di Modena”; colle quali parole non viene ben chiarito, se intendeva che la sposa non dovea esser modenese, ovvero