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l’incomparabile e primo pittore Antonio Allegri”. E invero la sua corrispondenza diplomatica che è nell’archivio di stato in Modena (e della quale è un sunto presso di me, ed uno più esteso fatto dal Gregori nella magnifica raccolta di manoscritti e di autografi del conte Giorgio Ferrari Moreni di Modena), lo mostra uomo peritissimo nelle discipline diplomatiche, e che seppe mantenersi in molta grazia della corte imperiale e dei ministri. Un attento studio di quel carteggio fornirebbe molti materiali a chi s’avvisasse di scrivere una storia aneddotica della monarchia imperiale al tempo suo, essendosi egli tenuto informato di quanto allora accadeva e nell’impero e fuori; nel che giovogli ancora, come altrove avvisammo, la conoscenza che aveva della lingua tedesca, della spagnola, nonché della latina e della francese. Di lui disse l’imperatore Ferdinando (come il Bolognesi stesso scriveva nel 1633 al suo principe), che era il più onorato italiano che avesse alla sua corte; e a dimostrazione di benevolenza lo nominava esso allora nobile dell’impero insieme co’ suoi discendenti. Delle comunicazioni che da Vienna egli mandava, scrivevagli il duca Francesco che gli erano care perché disappassionate, e perché facevano testimonianza della sua gran fede e prudenza: e seguitava in quella lettera, che è del 24 di novembre 1634 e fu scritta certamente dal Testi, reduce allora da Venezia, ponendo questa massima non sempre tenuta presente dal ministro che la vergava: “Non può far peggio un ministro che diventar parziale nelle fazioni, e appassionarsi negli interessi che non sono del suo principe”. Cadeva infatti in disgrazia l’anno medesimo quel valente ministro, perché nel duca Francesco I sorse il sospetto, che passando al servigio di altro principe, come credevasi volesse fare, non fosse per svelargli i segreti che gli erano stati comunicati. Ma non altro pare ch’egli cercasse, se non di andare a Roma in ufficio di segretario del protettorato di Francia, del quale allora procurava essere investito il cardinal Rinaldo d’Este, secondo narra per disteso il Siri, testimonio oculare e in parte auricolare, per usare le espressioni di lui, che di questi fatti ebbe relazione anche dallo stesso duca di Modena. Que-