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“cavaliere di parti veramente amabilissime”. Un altro nipote di quel Massimiliano, di nome Francesco, lo avrà forse raggiunto a Vienna, poiché di lui ci è noto, come, essendo paggio del duca Francesco I, chiedesse facoltà di militare in Germania, consueta scuola di guerra dei Montecuccoli. Il giorno appresso a quello in cui il duca di Modena scriveva l’ultima lettera della quale facevamo menzione, cioè il 18 di marzo, gli mandava notizia il Bolognesi, trovarsi allora Raimondo a Praga, pervenutovi dalla parte di Linz. Da Praga l’imperatore, dopo la battaglia di Iancowitz, era fuggito a Vienna, colà lasciando Galasso, che riprese allora il comando delle truppe, e Colloredo, i quali dettero le armi ai cittadini, avvegnaché più allora non vi fosse esercito, secondo scriveva Raimondo, per impedire il passo o Torstensson. Questi invase infatti la Moravia, e giunse sino alle porte di Vienna, non trovando resistenza nei soldati imperiali, intenti più a saccheggiare che ad apprestar difese, secondo che il Bolognesi scriveva. Asserendo poi esso, trovarsi vuoto altresì l’erario imperiale, non si peritò di dire all’imperatore medesimo che quei predoni “quasi non han torto, non avendo né paghe, né viveri, né vesti”; nella qual sentenza convenne anche l’imperatore: il che riferendo egli al duca, aggiungeva, non senza esagerazioni: trovasi “l’imperatore in tali condizioni, che se volesse capitolare co’ svedesi, salvandosi la Stiria, è dubbio se accettassero”. Di denaro era poi tanta la scarsità alla corte che, se crediamo al diplomatico medesimo, all’imperatrice ne mancò per provvedersi il vitto (lettera del 14 di gennaio 1645). Poiché fu arrivato il Montecuccoli a Praga, tosto gli apparve lo stremo in che le truppe imperiali erano venute; e fece istanze per essere dispensato dall’andare nella Slesia, ove di soldati imperiali altri non v’erano che i dispersi e i fuggitivi: ma fu invano; e solo ebbe egli promessa dal Trautmannsdorf, che tre reggimenti di cavalleria non tarderebber guari a raggiungerlo . Si dette egli allora a raccogliere i soldati di-