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stia della famiglia pei pericoli che in quella guerra ei correva. Della ferita riportata da Raimondo nel 1645 tiene parola anche il biografo Huissen, ma potrebbe darsi che questa sventura gl’incontrasse in altra battaglia. Il Bolognesi, scrivendo di una sollevazione che stava per scoppiare in Praga, soggiungeva tornati per ciò opportuni i soldati bavaresi che Raimondo aveva ottenuto di condurre con sé. In quella città andò certamente il Montecuccoli, d’onde scriveva una lettera il 27 di dicembre del 1644 al duca di Sagan, che è nella collezione di Giuseppe Campori. Non venne fatto a Raimondo di soccorrere Galasso, il quale, dopo tentato inutilmente di aprirsi colle armi alla mano la strada di mezzo ai nemici, vide l’esercito suo andar quasi interamente distrutto presso Magdeburg; giunse poi egli a mettersi in salvo e passare al campo di Hazfeld con una porzione delle truppe ch’erano colà e in Wittemberg, città che teneva pel partito imperiale. La Danimarca, così abbandonata da’ suoi alleati, non guari andò che a duri patti far dovesse la pace cogli svedesi. Da questa rovina dell’esercito di Galasso traeva argomento lo Schiller nella sua storia a recare intorno a lui un giudicio più che eccessivo, ingiusto, dicendolo “rimasto colla riputazione di essere il generale più idoneo a mandare in rovina un esercito” . Non fu certamente questa supposta insufficienza sua che dagli infimi gradi della milizia lo trasse ai più elevati, e che in più battaglie lo fece uscir vincitore. Né a capo di gente per difetto di viveri e pei disagi patiti resa impotente a difendersi, non che ad offendere, altra sorte invero incontrar poteva se non quella che a lui toccò; la quale men trista, se non altro, gli fu resa dall’animoso procedere di quella parte della sua cavalleria che dai suoi generali a traverso gli eserciti nemici fu tratta a salvamento.