Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
accaduta, e di quella di Obizzo d’Este, suo fratello, vescovo di Modena: e di cotali perdite condolevasi seco Raimondo, nonché dell’esser stata per brighe de’ ministri spagnoli negata al cardinal d’Este la protezione degli affari imperiali in Roma. Congratulavasi a sua volta il duca con Raimondo per l’onore che nella milizia veniva egli procacciando al suo nome. Perché poi il mal animo degli spagnoli verso la casa d’Este pareva che potesse turbare la pace di fresco conseguita, sembra che dal duca venisse a Raimondo ricordato l’obbligo da esso assunto di ritornare, se necessità si presentasse, al servigio di lui: una lettera infatti del 27 di giugno scrittagli da Raimondo confermò tale essere la volontà sua. Il Bolognesi, per altro, con sua lettera da Hohenegg del 17 di agosto esprimeva il dubbio che non potesse così tosto allontanarsi dall’esercito, perché trovandosi a fronte dei nemici, né l’arciduca Leopoldo l’assentirebbe, “né egli ne avrà l’inclinazione”. Attendeva perciò di riconoscere che piega fossero per prendere le cose d’Italia. Ma il duca, a tor di capo i sospetti agli spagnoli, concesse loro mille cavalli e mille fanti ch’ei stava licenziando, acciò li usassero contro i francesi che assediavano Arona. Al servigio de’ francesi, avversarii loro, andava al tempo medesimo, tenendo la via del mare, un suddito di lui, Giovanni Molza, con altra gente licenziata dal duca; se non che la nave sulla quale facevano viaggio, venne assalita e presa da pirati marocchini, e rimasero quegli avventurieri per alcun tempo in schiavitù, secondo narra il Vedriani. Quell’invio di soldati estensi al campo spagnolo fu lodato da Raimondo in una lettera sua del 14 di settembre, e da lui reputato azione generosa. Tale era infatti, non avendo atteso il duca che precedentemente il denaro pattuito per quelle truppe gli si pagasse.
Accenneremo da ultimo essere stato Raimondo messo a parte di negozii allora in corso risguardanti il principe Alfonso primogenito del duca, cui si voleva dar in moglie una Pamphili, nipote del papa, come si ha dalla corrispondenza diplomatica d’Ippolito Tassoni a tal uopo spedito a Roma; ma la cosa non approdò, e la giovane sposava invece il principe