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tirarsi nel Würtemberg, dopo perduti ottomila uomini. Otteneva poi il Turenna, rimasto solo al comando dell’esercito, quel grado di maresciallo conseguito l’anno medesimo dal Montecuccoli, non però con quell’autorità che un tal grado recava con sé tra i francesi. Delle qualità morali di questi due grandi capitani, in ciò che erano tra loro comuni e in quanto tra l’uno e l’altro differivano, fece già comparazione nel suo elogio di Raimondo Montecuccoli il conte Paradisi.
Partì Raimondo, come dicemmo, il 16 di maggio del 1644 da Vienna, con promessa senza dubbio del prossimo innalzamento a maresciallo di campo, ch’egli ottenne infatti poco appresso, come si ritrae dalla lettera colla quale il 25 di giugno il duca di Modena per questa promozione sua si congratulava. La quale tornò accetta, al dire del suo biografo Huissen, anche ai generali Galasso, Holzapel e Welhen, ai quali egli aggiunge l’Hazfeld, del che si può dubitare, imperocché quel generale, e lo dicemmo, avverso era stato e non già amico al Montecuccoli, e agli altri italiani. Scrisse il Bolognesi che il Galasso aveva dichiarato, allora non esservi nell’esercito imperiale “soggetto più a proposito per comandare un esercito”: ma aggiungeva il diplomatico che non si volevano disgustare i generali vecchi, ancorché si giudicassero meno capaci. Uno di questi era lo Slick, il quale si lagnò all’imperatore dell’accrescimento di grado concesso a Raimondo, come il diplomatico stesso a lui riferì.
Una lettera del 28 di maggio scritta dal Bolognesi c’informa, che a quel tempo Raimondo era a Praga, e che ancora non sapevasi allora in che dovesse venire adoperato, avendo scritto anche Raimondo che da prima pareva si volesse mandarlo in Slesia o “impiegarmi a parte per isfuggire certe subordinazioni che mi danno qualche fastidio: ma poi si è rimesso il tutto nel signor conte Galasso che è in Praga”. Soggiungeva poscia, che gli assegnerebbe quel generale qual corpo dovesse comandare, avendo l’imperatore medesimo scritto a Galasso acciò gli desse uffizio di sua soddisfazione. Quel generale infatti, affidandogli il comando di una parte della sua cavalleria,