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che già 1000 talleri gli erano stati spediti (Archivio Capponi). Ma per sé non ricuperò mai il perduto favore; più fortunato nondimeno del Testi e di Cesare Molza, confidentissimi un tempo del duca Francesco e poi morti in carcere, poté il marchese ritirarsi nel feudo suo di Guiglia, d’onde scrisse alcune delle lettere che furono da noi ricordate. La cagione poi della disgrazia toccata ad un cavaliere così benemerito della casa d’Este, non mi fu mai dato scoprirla.
Appena fu nota al Bolognesi la sventura occorsa al marchese, si fece a proporgli d’indurre Raimondo a venire a Modena per cercare di rimetterlo presso il duca nel pristino favore. Ma così il 20 di luglio gli rispondeva esso marchese: “La venuta in qua del signor conte Raimondo, avrebbe potuto servire a poco nel particolare accennato da V. S. illustrissima coll’ultima sua del 2 corrente; poiché la mia mala sanità mi rendeva inabile ad ogni cosa, sì per quello avesse riguardato il gusto o bisogno de’ padroni, come quello che concerneva il mio interesse o bisogno. Ben per altro avrei avuto caro ch’egli fosse venuto”. Ma Raimondo a quel tempo era già entrato in campagna. Continuò il marchese a dimorare in Guiglia, e l’ultima lettera sua da me veduta fu scritta il 5 di febbraio del 1645. Morì poi egli l’undici di aprile di quell’anno, o colà, siccome è detto in una memoria manoscritta sui Montecuccoli da me posseduta, ovvero a Bologna, secondo che da altri fu scritto. Un ricco patrimonio lasciò, sul quale assegnava una dotazione per un collegio da erigersi in Guiglia, come avrebbe dovuto far egli per precedenti legati; ma neppure gli eredi non si curarono di fondarlo. Furono questi i figli suoi: Giambattista, Sebastiano, Giustiniano e Felice, tra i quali nel 1648 andarono spartiti i feudi di lui, che erano Guiglia con Ciano, il marchesato di Montetortore con Montalbano, la contea di San Martino e Ranocchio, più Marano ed altre terre: valutati codesti feudi, secondo le regole camerali, scudi 229.282. Non ebbe parte nell’eredità l’altro suo figlio Carlo Antonio, perché gesuita. Anna sua figlia sposò un Pepoli, ed in seconde nozze un Bevilacqua.
Le relazioni passate tra Raimondo e il marchese Francesco,