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loroso a papa Urbano, il quale vedeva mancate le sue speranze di accrescere i propri dominii di alcune zolle di terra spettanti ad altri, che n’ebbe, secondo più storici affermano, accelerata la morte, accaduta il 29 di luglio di quell’anno 1644. Lui fortunato, nota il Brusoni, se fosse morto innanzi quella guerra, che, esorbitantemente gravando i popoli, lo fece segno d’odii infiniti; ond’è che Pasquino gli facesse questo epitaffio: “Orbem bellis, urbem gabellis implevit”. Di lui narrava al conte Martinitz il cardinal Leslie, secondo che al duca scriveva il Bolognesi, essere stato detto in Roma allorché fu eletto: questo pontificato sarà lungo, ma finirà rabbiosamente . Pago di avere compiuto il debito suo di suddito e di feudatario, nulla, in premio di quanto aveva operato, richiese Raimondo al suo sovrano; e poiché nulla gli fu dato, non trovo che di questo a chicchessia egli mai si lagnasse. All’ingeneroso oblio del duca, che pure fu sempre largo donatore a’ suoi cortigiani, e che i maggiori uffizi dello stato avrebbe certo conferiti a Raimondo se fosse rimasto in Modena, allude il marchese Francesco Montecuccoli in una lettera che il 7 di aprile di quell’anno indirizzò al