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i quali il duca tenevasi preparato ad ogni possibile evento, e crebbe anche il presidio alla sua capitale, ove furono altresì chiamate allora le milizie feudali di Raimondo. Procedettero però a bene le cose; e il 20 di febbraio, scrivendo il duca al Montecuccoli, disdicevagli ogni commissione per leve, quelle tra l’altre da farsi in Amburgo, avendosi già per sicura la pace, che fu poi dal duca sottoscritta il 5 dell’aprile successivo .
Così terminava quella guerra, nella quale era egli entrato con tanta speranza di trovar adito a racquistare qualche parte almeno delle terre degli avi suoi, e dalla quale usciva con delusioni molte e con danno notabile. E invero, l’essersi conseguito lo scopo pel quale si era combattuto, la restituzione cioè di Castro al duca di Parma , che tanti fastidii aveva dato a quelli che per lui avevano prese le armi, sarà al duca Francesco sembrata cosa di poco momento verso le molte speranze fallite, la ruina di gran parte del suo stato, e l’impoverimento così del suo erario come de’ popoli suoi, sottoposti ad oneri gravissimi per cosa di nessuna utilità. Ché anzi, per sanare le piaghe lasciate aperte dalla guerra, fu necessario di porre su di essi in quell’anno medesimo in che questa cessava, una nuova qualità d’imposizione, quella cioè della macina; che era di un mezzo ducatone modenese per ogni sacco di grano condotto al mulino, da pagarsi da coloro altresì che avessero ottenuto facoltà di farlo macinare fuori dello stato, venendo per ogni altro caso vietata l’introduzione della farina e del pane.
Notabile tuttavia fu codesta guerra, e perché sostenuta da principi italiani senza intervento di stranieri (salvo gli arrolati negli eserciti loro), e perché una lega italica rintuzzava ad un tempo i desiderii di conquista del papa e le ingerenze forestiere nelle cose nostre, ed impediva ancora al duca di Parma di porre, secondo divisava di fare, le ragioni sue in mano dei francesi, se nessuno si prestasse a soccorrerlo. Francia per-