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cano in ogni modo, m’avanzerò ancor hoggi a quella volta, e se non sono impedito fra strada, vi sarò domattina, di dove darò poi più sicuro ragguaglio all’A. V. Il serenissimo Duca mio signore è a Vignola, et hoggi dovea arrivarvi tutta l’armata. Se ci avviene di separare il nimico, potremo fargli un bel torno. E con questo humilmente a V. A. m’inchino. Da Montetortore, li 13 ottobre alle 21 hore, 1643. Di V. A. S.ma Humiliss.mo e devotiss.mo servitore Raimondo Montecuccoli

Per non dar posa al nemico, mentre il Colombi s’affrettava verso Fanano, ove gli riuscì di battere un corpo di pontificii, procedeva Raimondo, come si era proposto, ad assalire Vergato ove erano a guardia dugento fanti e seicento cavalli comandati dal colonnello Riccardi. Ma più di costoro, furono gli abitanti delle circostanti montagne, gente armigera ed esperta de’ luoghi, che, secondo egli scrisse, gli resero difficile l’accostarsi a quella terra e l’espugnarla; il che tuttavia gli venne fatto in corto spazio di tempo, nel giorno successivo a quello segnato nella lettera da Montetortore da noi riferita . Raimondo annunziò aver colà raccolto i suoi soldati largo bottino di bestiami, seta, cera ed altro. Rimasero col Riccardi prigionieri di guerra i soldati del presidio, cento cinquanta dei quali con tre capitani inviò egli a Modena, raccomandando che col maggior riguardo venissero trattati; e alcuni di essi, infermi o feriti, mandò a Montetortore e a Vignola, ed altri che accettarono, aggregò alle truppe ducali. Dal Vergato tagliavasi la strada ai pontificii se mai pensassero tornare ai danni della Toscana; ma in breve fu chiaro che a questo pensar non potevano, e il Montecuccoli fu richiamato di là, “non lasciandosi, com’egli scrisse, presidio al Vergato, perché egli era totalmente fuori di soccorso, essendo molto avanzato dai confini dello Stato del signor duca per montagne difficilissime, che non solo impedito