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versione progettata. Così egli: né altro intorno a ciò pervenne a mia notizia. Il granduca, che in questo mentre con buona fortuna procedeva contro i pontificii nel perugino (e molte lodi ne aveva ricevute dal Montecuccoli il principe Mattia, capo dell’esercito toscano) non era poi, come dicemmo, senza pensiero per quella parte degli stati suoi che confinava col bolognese. Chiedeva perciò che di là lo assicurassero soldati della lega: e n’ebbe in fatti da Venezia e dal duca di Modena; il quale gli mandò una compagnia di corazze sotto un capitano di nome Alberino, e dispose poscia che verso Toscana movessero duemila fanti e trecento cavalli . Instò parimente a Venezia, per una diversione sul bolognese, come più volte aveva progettato anche il duca di Modena. A cotale dimanda annuendo i veneti, concessero al duca duemila cinquecento fanti e trecento cavalli, gente in gran parte oltramontana, condotta da Sebastiano Venier, che prese il luogo del Corraro, caduto infermo, e del Lavalette . Lasciato adunque l’Estense il disegno che allora stava meditando di assalir Cento ove aveva qualche segreto fautore, l’otto di ottobre dal Finale, suo quartier generale, andò invece a San Felice e di là a Spilamberto. Il giorno medesimo spediva ordini Raimondo, acciò si crescesse di una compagnia, condotta dal capitano Attilio Cima, il presidio ch’era a guardia di Fanano, terra che poteva dai pontificii, se movessero per Toscana, patir molestie. Questa mossa concertata col principe Mattia de’ Medici, come si ha da una lettera che è tra quelle edite dal Testi, riesciva opportunissima alla Toscana, avendo a quel tempo il Valencé con rapida marcia occupato con tremila uomini il paese intorno a Pistoia e tentato l’assalto della città, d’onde quel popolo, incuorato dall’esempio del senator Capponi che l’aveva in guardia, validamente combattendo lo ributtò. Il principe Mattia si avanzava in-