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neppure allora dal mandare una porzione delle milizie sue al duca, che le voleva adoperar nelle fortificazioni di Vignola. Altre devastazioni ed incendii accaddero in quelle parti, e sin presso Modena, per opera delle truppe del Mattei; per le quali barbarie sdegnato il duca, indirizzò una protesta al reggimento di Bologna, che, scritta dal suo ministro Testi, fu pubblicata tra le opere di lui. In questa, che è in data del 4 di settembre dal Finale, minacciava egli di rappresaglia i bolognesi, se da quelle devastazioni non si desistesse, notando che cinquanta soldati a cavallo bastano a bruciare un paese per grande che sia. Era veramente estraneo il comune di Bologna a quanto operar potessero i soldati, come notò anche Raimondo in una lettera sua, ma tornò opportuno l’avviso, giacché fece istanza allora quel reggimento (come lo dicevano) ai capi militari, e con buon esito, acciò da que’ ladroneggi cessassero. E con ciò ebbe campo il duca di attendere con animo meno preoccupato alla guerra del Polesine. Se non che questa procedeva confusamente per la poca concordia tra gli alleati, a segno tale, da far dichiarare al Montecuccoli che i cattivi consigli impedivano di conseguire, come potevasi, progressi meravigliosi; aggiungendo, avere i veneti “perduto i sensi e le potenze dell’intelletto, della memoria e della volontà” (Lettera al principe Cesare). Si vide allora astretto il duca a mandare al senato una giustificazion sua contro le imputazioni che i generali veneti gli davano, anche si riferiva ad una sua esagerata richiesta in iscritto di viveri e di munizioni, dettata dal duca di Parma, che poi fece dichiarare a Venezia esser cosa dell’Estense, e nulla richiedere egli per sé: intorno al qual fatto aspre parole corsero poi tra il Montecuccoli e il Giustiniani. Più gravi sembra che fossero i dissidii seguiti tra il Montecuccoli stesso e Camillo Gonzaga generale delle truppe venete, se di questi giunse notizia anche a Vienna, come di là il 10 ottobre scriveva il Bolognesi. Egli li reputava sorti da reciproche pretensioni di preminenza, e da dispute circa dottrine militari, e circa l’imputazione data al Gonzaga, di aver mandata a vuoto l’impresa di Lagoscuro, non concedendo le truppe al duca Francesco per la di-