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dena che coll’artiglierie gravi e colle fanterie si avanzava sulla via di Nonantola. Colà il dì precedente il Valencé, come gli era stato commesso dal Mattei, aveva intimato la resa al cavalier Fontana che vi comandava i soldati estensi, e al signore di Saint Martin, un altro avventuriere francese che era a capo di seicento soldati veneti. Da entrambi ebbe rifiuto; e aveva incominciato a colpir la terra colle artiglierie , quando gli fu sopra improvviso il generale Montecuccoli colle sue genti, alle quali s’erano uniti trecento uomini di quelli del duca. E fu strana sorpresa pel Valencé che non aveva reputato possibile né che quegli potesse forzar il passo di Navicello che credeva dal Mattei assicurato con numerose truppe, né che sarebbero gli estensi venuti in luogo ove da due eserciti potevano esser accerchiati senza che fosse loro lasciato alcun adito per la ritirata. Audace era infatti l’impresa che per salvare Nonantola si erano assunta il duca e Montecuccoli, e tale da riescire soltanto mercé la sollecitudine nelle marcie e la ferma volontà di non ceder terreno al nemico che aveva forze molto maggiori e su quel medesimo luogo e a Forturbano. Diremo intanto che acremente fu nel campo pontificio biasimato il Mattei per non essere andato di persona e con più gente che non vi mandò, al ponte di Navicello. Né gli si sarà menata buona la scusa da lui addotta, di aver reputato troppo lieve cosa il prendere un ponte alla guardia del quale non erano più che cinquanta uomini; con che mostrava egli di non aver tenuto conto dei soccorsi che questi ricever potevano. L’arrivo di Raimondo sotto Nonantola, come ingenerò sbigottimento ne’ soldati del papa, così crebbe ardire agli assediati; i quali si tennero sicuri, quando lo videro dar opera sollecita alla liberazion loro colla buona disposizione ch’egli dava