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Congiuntosi poi al finale co’ veneti, pose i quartieri a Chiesa rossa, tra Finale e Bondeno (altri disse a Scortichino, che è pure fra quelle due terre, la prima delle quali è ora città) ivi aspettando il Pesaro, che poi non venne, e mandò invece il francese Lavalette con alquanti soldati. I pontificii allora si raccolsero in Cento, che il duca propose di assalire; ma non avendo i veneti pronti i viveri e le munizioni, convenne astenersene. Né guari andò che al duca medesimo fu mestieri prendere altri partiti, allora cioè che gli pervennero gravi notizie dalle colline modenesi. Ritiratisi infatti di là i toscani, il Mattei, con 300 fanti e 1500 cavalli, era improvvisamente piombato su quelle terre, avendo già occupato anche San Cesario, che i nostri neppure in seguito poterono ricuperare. Non potuto aver Savignano , luogo forte e ben difeso, passò su quel di Spilamberto, di Vignola e di Guiglia, male comportandosi le milizie di quei luoghi, occupate più che d’altro nel raccogliere e nel mettere in salvo le messi; ond’è che sovrastava pericolo anche a Sassuolo ed a Modena altresì. Da Guiglia scriveva il marchese Francesco Montecuccoli il 13 giugno, che un capobanda, di nome Barbazza aveva messo in ordine 3000 uomini per assalire il castello di Montetortore, già dal 1635 infeudato ad esso marchese, e per quella parte infestava la montagna; e finalmente che altre genti miravano a Montese, forte rocca del conte Massimiliano figlio di Luigi Montecuccoli . Quantunque poi, secondo ei diceva, si fosse allora il nemico ritirato da Vignola, gravi tuttavia erano i pericoli che minacciavano quel territorio; ond’è che egli chiedeva poter rimanere qualche giorno ancora a Guiglia per provvedere alle difese. E da Sestola mandava notizia il commissario del Frignano avere colà