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libere ne’ movimenti loro rimanessero le truppe. E ancora una lettera di lui ci rimane a quel tempo indirizzata al capitano di giustizia di Nonantola, rampognandolo perché contro gente al suo tribunale non sottoposta (soldati) ei procedesse. Reduce da Firenze, trovò partito il dì precedente il duca per Venezia, e colà lo raggiunse egli, seco ritornando poi in breve a Modena. Ma una trista novella non guari dopo da Vienna perveniva a Raimondo, quella cioè della mortal malattia dalla quale era gravato il conte Girolamo suo cugino; e perché del suo patrimonio aveva mostrato intenzione di lasciarlo erede, trovossi Raimondo indotto a chiedere, con lettera del 7 marzo 1643, la facoltà al duca di assentarsi, offerendosi pronto al ritorno ad ogni chiamata. Soggiungeva peraltro che se non avesse ad esser guerra in Italia, volesse concedergli di fare la campagna di Allemagna, e d’introdurre qualcuno della famiglia sua a quella scuola di guerra, com’egli esprimevasi. Rinuncierebbe frattanto ad ogni stipendio, e si sarebbe in quel tempo occupato nel cercare ufficiali per le truppe ducali. Che se guerra qui fosse, ben sapeva incombergli l’obbligo di spargere il sangue in difesa del proprio sovrano. E il duca, secondo scrisse al Bolognesi, non seppe negargli il permesso che gli chiedeva, e lo accompagnò con lettera all’imperatore, chiedente gli prorogasse ancora il tempo di poter rimanere al proprio servigio. Non giunse però Raimondo a Vienna se non dopo la morte del cugino, che non aveva poi mandato ad effetto le buone disposizioni manifestate a favore di lui; invano essendosi per mezzo del Bolognesi adoperato il marchese Francesco acciò durante la sua infermità facesse egli testamento, “perché molte volte quando s’aspetta a quest’ultimo, le mogli poi e i parenti che assistono personalmente fanno fare delle stravaganze, anche contro quello si fosse proposto prima” (Lett. del 1° feb. 1643 nell’archivio Capponi in Firenze). Scriveva allora Raimondo al duca: “Io ho trovato morto il conte Girolamo mio cugino, il quale in un testamento vecchio lasciò erede la moglie, la quale mi mostra per altro un’affezione straordinaria, e mi promette parte dell’eredità, e