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tuzione di Castro: assicurate le rive del Po, unirebbersi i veneti alle truppe estensi. Non mi è noto se di quel lungo indugio all’operare approfittasse Raimondo per visitare il feudo suo, in quelle circostanze ancora gravato, e lo notammo già, da requisizioni di grani, di fieni e di animali, come gli altri territorii estensi: quant’è agli uomini di là chiamati a militare nella guerra che si preparava, troviamo avesse il Duca a muovere lagnanze perché non era la compagnia di milizie di Montecuccolo costantemente tenuta in numero: al che il podestà Poggioli rispondeva non aversi allora più che 60 o 65 uomini ascritti a quella compagnia, una porzion de’ quali per infermità o per altro ottenuto aveva esenzione dal servizio. Ma non è improbabile che Raimondo facesse in allora una visita al suo feudo, essendoci conto andasse egli a quel tempo a Firenze, passando forse pel Frignano. E delle belle accoglienze in quella città ricevute dal suo commilitone, il principe Mattia de’ Medici, fa fede la lettera che a lui indirizzò il 12 febbraio, appena giunto in Modena. Nella quale gli dava esso notizia del disastroso suo viaggio di ritorno, essendoché la notte in che partiva da Firenze “cascò tanta la gran neve sull’Alpi, che doppo aver travagliato un pezzo per passare, et essendo dalla guida fallito il cammino, mi convenne tornar addietro a Cutigliano” . Prima d’intraprendere il detto viaggio erasi Raimondo occupato nel disporre quanto alla guerra occorreva, e nel dettare le norme colle quali regolar si dovevano le milizie de’ collegati, e più specialmente le estensi; scritture queste delle quali daremo un sunto nell’appendice, quella parte di esse intralasciando che fu introdotta più tardi da Raimondo ne’ suoi Aforismi . Singolari tra i consigli ch’ei dà è quello di ricorrere nei casi estremi all’astrologia; e l’altro per un’alleanza col turco; e il passo contro la dominazione di stranieri in Italia, da far cessare mercé una lega italica, magnanimo pensiero che non