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si espressero, stesse a vedere, e tenesse a bada i papalini: che se questo ancora a lor si negasse, il duca di Modena, secondo che al Siri ebbe a dire il principe Luigi d’Este, “avrebbe potuto darsi al diavolo, non che gettarsi nelle braccia di chi fosse stato potente per sollevarlo”. Ma l’opposizione dichiarata della Toscana valse poi a sedare i bollori del duca Francesco I, il quale anzi si pose in allora colle sue truppe, che disse ascendere a mille trecento cavalli, a molti fanti e a tremila cinquecento uomini delle milizie, a disposizione del senato veneto. Ma supremi sforzi faceva a quel tempo la Spagna per trarre la lega ai fini suoi. Onde spedì a Modena un conte Della Rocca, che seco aveva un Pottemberg consigliere imperiale, incaricato di appoggiare le richieste che era esso per fare. Ma si tennero il duca e i veneti sulle generali, allora vie più che intesero si volesse incluso nella lega anche il papa, se in mano di arbitri consegnasse Castro, il che già sapevasi che consentito non avrebbe.
Sull’aprirsi poi del 1643, prima con una memoria nella quale esponeva il duca Francesco I le ragioni sue sopra Ferrara, alla quale altra ne contrapposero i camerali di Roma; e poscia perorando egli stesso in Venezia, nel carnevale, in pro di una pronta mossa d’armi, si adoperava a far cessare una volta quella guerra senza battaglie che era la rovina di tutti. E in ciò gli vennero i pontificii in aiuto, perché coll’impedire alle navi della repubblica il Po, col fortificare Melara e la Stellata, e col porre esercito a Castelfranco indussero i veneti a consentire che la lega da difensiva che era, si mutasse coi nuovi capitoli che nel maggio si pubblicarono, in offensiva. Ebbe essa in breve completo l’esercito suo di 18.000 fanti e 2000 cavalli, divisi in due corpi che nel giorno medesimo varcar dovevano i confini dalla Toscana, dal Po e dal Panaro: libero al duca di Parma di unire le truppe sue a quelle della lega, ed agli altri principi italiani di accedere alla medesima, la durata della quale fu fissata a dieci anni. Sarebbe ciascun corpo sotto il comando del proprio capo, e unendosi veneti ed estensi, nominerebbe Venezia il generale in capo col consenso del duca di Modena. Le terre occupate si terrebbero a garanzia della resti-