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saranno state fatte che i due duchi cognati vennero combinando in Modena, o di entrare essi soli sul territorio pontificio, non altro aiuto chiedendo alla lega se non mille fanti tra veneti e toscani, o che venisse dalla lega invaso con dieci mila uomini il bolognese e il ferrarese, mentre entrerebbero i toscani su quel di Perugia, levando anche le corazze che tenevano sul modenese, e ricevendo un aiuto di 3000 fanti e di 600 cavalli veneti. Ma né queste proposte si accolsero, né l’altra di pagare essi in comune unitamente alla Spagna i debiti del Farnese co’ montisti di Roma, per tor di mezzo il pretesto dal quale era la guerra derivata. Il granduca intanto licenziava truppe, dicendo non aver modo di mantenerle, e metteva fuori progetti utili a lui solo che la lega accettar non poteva. Ma cotal procedere de’ collegati mandava a ruina, e certo con infinito rammarico di lui, i progetti del duca di Modena, che nella speranza di poter irrompere, soccorso dai veneti, nel territorio di Ferrara operato aveva che in quella città un certo numero di uomini s’introducesse, sudditi feudali i più del marchese Francesco Montecuccoli, diretti da un fattore di lui di nome Montaguti. S’erano costoro arrolati nelle truppe pontificie con pensiero di aprir le porte della città allorché gli Estensi si avvicinassero: ma il lungo indugio portò che venisse la trama scoperta, e furono alquanti modenesi e bolognesi, che in quella avevan parte, imprigionati. Non si venne però, qual che ne fosse la cagione, forse politica, a clamoroso processo contro questi rei di tradimento e di ribellione militare, e solo furono sostenuti in carcere. Tre di costoro per altro che l’anno di poi tentarono fuggire, furono puniti di morte. Non intiepidì, ma inasprì forse questo contrattempo l’animo dei due duchi, i quali mostraronsi deliberati al tutto di entrar soli nelle terre del nemico, contentandosi che la lega, come