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come già avemmo occasione di menzionare più addietro. Soggiungeva poi il Borri che s’avvedrebbero in breve gli svedesi del danno a sé medesimi procacciato col tenere così a lungo prigioniero Raimondo, il quale si era frattanto reso dottissimo nella scienza militare. In favore del Montecuccoli, e contro le pretensioni dei bavari, si adoperò a quel tempo altresì il Piccolomini; ma tutto fu indarno: e per allora non venne Raimondo liberato, mentre a Modena e a Venezia, secondo scriveva da Roma Francesco Montecuccoli, erasi sparsa la voce che già tornato foss’egli al campo imperiale. Il disinganno provato fece che più vive le istanze divenissero del duca e del marchese Francesco al Bolognesi, ed altresì al Pallavicini in pro di Raimondo. Alla fine anche il colonnello Slang veniva dagli imperiali mandato per trattar di scambi di prigionieri; ma senza che si sapesse per certo se sarebbe in questi compreso anche il Montecuccoli, del quale si era nondimeno annunziata imminente la venuta a Modena, “ove lo chiamano, scriveva il marchese Francesco, i suoi interessi e molti altri rispetti”, con che alludeva ai servigi che da esso aspettava il duca. Un mese dopo poté per altro il Bolognesi, con una lettera sua del 7 giugno 1642, annunziare che reso Raimondo a libertà insieme al Pompei in cambio dello Slang, trovavasi allora in Vienna; al che rispondeva il marchese: “E’ innesprimibile l’allegrezza che mi reca l’avviso della tanto bramata liberazione del s.r conte Raimondo, e siccome ne conosciamo in buona parte il successo dai favori e diligenze di V. Signoria Illustrissima le ne restiamo tutti noi particolarm.te obbligati”. Inviavagli al tempo medesimo la risposta ad una lettera che Raimondo appena libero gli indirizzò. Presentavasi intanto Raimondo all’imperatore e all’arciduca che amorevolmente lo accoglievano; e al primo di essi chiedeva denaro per rifare il reggimento suo, che rovinato ne’ combattimenti avvenuti durante la sua prigionia, era ridotto a 150 uomini, tutti senza cavalli. E dal Piccolomini ricevette allora l’incarico di scrivere una memoria sulle condizioni in che l’esercito svedese si ritrovava, complemento forse dell’altra che