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narreremo riportando da prima il dispaccio del 4 giugno 1639 col quale di quell’infortunio dava conto il Bolognesi al duca di Modena: “Per mezzo di corriere spedito dal conte Slich (così quel diplomatico), s’era saputo che avendo Banner finto di voler attaccare la città di Brandois in Boemia coll’occupare il ponte sopra l’Albis, Offenchirchen, il conte di Fürstenberg ed il conte Raimondo Montecuccoli si erano applicati a difenderlo, ma il nemico per tempo di notte aveva passato il fiume sopra un ponte di barche, senza che se ne accorgessero, per non curanza del reggimento del principe di Braganza. Offenchirchen avvisato di tal passaggio, lasciato presidio nella città, con Fürstenberg e Montecuccoli, colla cavalleria e 500 fanti s’era portato ad investire il nemico, che rinforzato aveva dispersa la cavalleria comandata da detto conte (Raimondo) e dall’Offenchirchen, e tutti tre i capi che come vittoriosi s’erano nel combattere inoltrati, erano rimasti con la fanteria preda del nemico, fuori del conte di Fürstenberg, che era riuscito a salvarsi, dopo esser stato fatto prigioniero, coll’aiuto d’un croatto. Quel che fosse accaduto all’Offenchirchen ed al Montecuccoli non si sapeva, si temeva però fossero morti o prigioni. La cavalleria cesarea in questo fatto s’era, senza necessità, posta in fuga, come soleva fare in tutte le occasioni”. A questo primo dispaccio un altro ne aggiunse il Bolognesi sette giorni appresso, nel quale, completando i precedenti ragguagli, diceva rimasti prigionieri l’Hoffkirchen, il Montecuccoli, il suo sergente generale, due tenenti colonnelli (uno di questi era il marchese Sforza Pallavicini) ed altri ufficiali di fanti e di cavalli, con perdita di sei stendardi. Circa la cavalleria, confermandone la fuga, soggiungeva non aver essa sparato più di 50 colpi di pistola. Appena fu il duca di Modena informato di questo infortunio così ne scrisse al Bolognesi: “Sentiamo con molto dispiacere la prigionia del conte Raimondo Montecuccoli. Risultando però le sue disgrazie da gloriosissime azioni tanto più vivamente oltre l’affetto parziale che portiamo a detto cavaliere per le sue degne qualità e per esser nostro vassallo, premiamo ora che costà verso la persona sua sia tenuta la memoria e fatta la diligenza