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ottime disposizioni, mostrate a suo riguardo. “La prontezza, così scrivevagli il duca, ch’Ella à dimostrato d’incontrare le nostre soddisfazioni in queste rivolte d’Italia ha di tal maniera obbligata la nostra gratitudine che nessuna cosa faremo mai più volentieri che darlene qualche evidente testimonianza colle opere istesse ec.”. Volle per altro Raimondo che Galeotto, fratello suo, poiché fu in grado d’intraprendere il viaggio, lo anticipasse, per far di persona testimonianza del buon volere del fratello verso il proprio principe, al quale del rimanente altri della famiglia Montecuccoli in que’ frangenti stavano presso. E qui sarà da soggiungere che aveva già nel marzo precedente fatto pratiche il Bolognesi per mezzo del principe Borso d’Este col general Galasso acciò il reggimento di Raimondo venisse anzi che contro gli svedesi, mandato in Italia cogli altri che partir dovevano a quella volta, il che non gli fu consentito.
Venne meno intanto la cagione per la quale era desiderata la presenza di Raimondo a Modena essendosi stipulata la pace; ond’è che gli faceva il duca medesimo significare che rimetteva ad altra circostanza il valersi della sua opera. Continuò pertanto Raimondo a prender parte alla guerra germanica, contribuendo per quanto gli spettava a quel rinnovamento delle fortune della causa imperiale, che apparve manifestissimo nel 1637, quando a Ferdinando II il terzo di tal nome succedeva nel governo dell’impero. Del secondo Ferdinando, del quale più volte ci avvenne di favellare, sinceri giudicii recò ne’ suoi ragguagli il Bolognesi, a seconda de’ casi che andavano accadendo; e noi più volte a lui nel parlare di cotesto imperatore ci riferimmo. Ebbe esso a lodatore il Mailàth, storico imperiale, mentre severamente da altri storici venne giudicato, dai protestanti singolarmente . In deplorabili condizioni lasciò egli certamente l’impero, al quale avrebbe potuto una onorevol pace coi suoi nemici procacciare, e nol volle: e su di lui ricadde il biasimo ch’era dovuto a quel partito che sotto veste