Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
toccammo più addietro, fa egli proporre da un Montecuccoli si andasse ormai a Vienna a dettar legge all’imperatore, accennando però in altro luogo che mutasse poscia propositi . Ora, non tenendo in allora Raimondo neppure il comando di un reggimento, e non avendo se non il grado subordinato di tenente colonnello, tutto sembra indicare che non a lui, ma piuttosto alluder volesse il poeta ad Ernesto, amico che fu di Wallenstein, ignorando forse che da otto mesi era esso già morto. Ma l’uno o l’altro che prendesse egli di mira, non poteva certamente in persone avvenirsi che più di loro fossero alla casa d’Austria affezionate, e più aliene perciò dal consigliar tradimenti.
Non avversi in generale, fin dove il possono, e talora favorevolissimi al Wallenstein i diplomatici e gli storici italiani del suo tempo, e dei successivi ancora; trascende però tra questi ogni limite di convenienza il Cantù, quando nella sua così giustamente encomiata Storia Universale chiama spia ed assassino il Piccolomini, quasi che un generale cui venga una cospirazione rivelata (come più storici affermano che al Piccolomini facesse Wallenstein) anziché avvisarne il principe, dovesse o tenerla celata per darle agio a scoppiare, o meglio, prender parte alla medesima. Fu più nel vero il diplomatico Antelmi che disse traditore del suo sovrano Wallenstein, e Piccolomini dell’amico, ma per restar fedele all’imperatore. Ed è poi da notare che l’amicizia era stata da prima disconosciuta da Wallenstein, come ci venne detto aver scritto il diplomatico medesimo: e che il contegno di quel generale coi principi De’ Medici, a lui toscano, sarà tornato amarissimo. Alla catastrofe di Wallenstein quella incruenta tenne dietro del principe Eggemberg, che dicemmo essere stato favorito ministro dell’imperatore; il quale non di rado andava colla moglie Eleonora Gonzaga a visitar quello in sua casa, quando la podagra ve lo riteneva, sedendo essi ancora alla sua tavola da giuoco; negoziatore essendo stato