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fede a questo ben informato ministro di una repubblica che, disinteressata ne’ fatti che nel fondo della Boemia accadevano, all’agente suo non chiedeva se non di ben appurare le cose che le comunicava. Narra egli adunque che al convegno di Pilsen non furono invitati i due principi toscani che colà si trovavano; ma che informati essi di quanto vi si era trattato, lasciarono Pilsen, e da Neustadt ove fermaronsi spedirono a Vienna il cavalier Guicciardini lor maggiordomo, che in segreti colloquii notturni coll’imperatore di quegli avvenimenti lo pose a giorno, confermate poco di poi le relazioni sue da una lettera di Piccolomini. Ma perché il ministro Eggemberg ligio a Wallenstein si provò a sparger dubbi sulla verità di que’ fatti, venne un consigliere Ghebard spedito a Pilsen, le lettere del quale e quelle di alquanti generali ogni dubbiezza tolsero di mezzo. La catastrofe che poi seguì è nota per cento storie, né qui è mestieri narrare come fuggito Wallenstein ad Egra, colà da ufficiali irlandesi venisse spento. Ma a mostrar lui innocente delle colpe appostegli alcuni scrittori si adoperarono, e più che altri il Förster biografo suo; non però a bastanza efficaci mi apparvero le ragioni con che le difese loro confortarono. A troppo alta meta mirava il Wallenstein, fidando nei soldati a lui per lungo spazio di tempo devotissimi: se non che fu profeta il Bolognesi allorché, non guari innanzi a questa epoca, al duca di Modena scriveva che “la soldatesca non gli riescirebbe, com’esso crede, favorevole”. E fu egli infatti spento per opera di soldati, né altri di essi cercarono di difenderlo o di vendicarlo.
Lo storico Mailàth, assolver volendo l’imperator Ferdinando da quanto vi fosse di odioso nella punizione senza processo, e così improvvisa del suo generale, che vivo o morto aveva dichiarato, come nella sentenza avanti citata ei confessa, di voler nelle mani; tien bordone in parte almeno al Förster, che in odio al nome italiano si scaglia, di questi fatti ragionando, contro Piccolomini, Galasso ed altri connazionali nostri, la colpa dei quali sarà dunque stata la fede mantenuta al principe cui servivano, al pari degli Slick, degli Aldringer e di altri allemanni