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Alle bizzarre sue trattative con questi, da lui iniziate, rotte, riprese, avemmo già occasione di accennare più avanti; e di quelle colla Francia si ha un documento nelle memorie di Richelieu e di Feuquieres, nei dispacci del Soranzo ambasciator veneto a Parigi e in più storie. Se non che dicono i difensori di lui mirasse egli con questi modi ad ingannare i nemici (e questo sospettò ancora l’Oxenstierna), o ad indurre l’imperatore alla pace. Fin dove peraltro il Wallenstein aderisse ai progetti propostigli dai francesi, annuente la Svezia, pei quali conseguito avrebbe il trono di Boemia non può con certezza affermarsi; non avendosi neppure per certo che egli realmente protestasse, come dai francesi fu asserito, volere per sé quel regno e la Moravia in compenso del Meklemburgo e degli altri suoi feudi perduti in guerra. A Vienna nondimeno si tennero per indubitati questi propositi, come ne faceva fede il Bolognesi, che aggiungeva aver la Francia posto per patto al suo consenso che s’adoprerebbe il futuro re a farle ottenere le tanto agognate provincie tedesche lungo il Reno. Trattative senza dubbio vi furono, e di esse si hanno alle stampe più documenti. Le quali trame, onde è fatta menzione anche nel manifesto dopo la morte di Wallenstein messo fuori dall’imperatore , le disse Mailàth alla corte di Vienna denunziate dal duca di Savoia, e Priorato da un Metternich decano del capitolo di Colonia: ma quant’è alle cose accadute a Pilsen, dove con intento sedizioso convocato aveva Wallenstein i capi dell’esercito, come venissero in cognizione dell’imperatore lo troviamo narrato nella corrispondenza già citata dell’Antelmi. E pare a noi, come all’editore tedesco della medesima, che sia da prestar