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DI PARNASO. 25

Republica Romana, ella fu di corta vita nella sua libertà, e quella brieve, che hebbe, fu travagliata da pericolosissime infermitadi di tumultuose sollevationi. Perche l’abuso bruttissimo di dar i Consolati della patria libera, e gl’importantissimi carichi della cura degli eserciti a Pompeo, à Cesare, & ad altri soggetti facoltosi, nella prima giovanezza loro, altro non fu, che più tosto trattarli da huomini nati di sangue Reale, da Signori, e Padroni della patria libera, che da Senatori di una ben ordinata Republica. Percioche essendo verissimo, che quella è ben regolata libertà, dove anco a’ Senatori di sommo valore, e di merito infinito, sempre avanza una dignità grande da sperare, laquale à’ soggetti avidi della vera gloria serve di acuto sprone, che battendo loro il fianco dell’honorata ambitione velocemente li fa correre nella strada diritta della Virtù, per poter giunger poi alla meta del Magistrato bramato, a Cesare & a Pompeo, che nella prima fanciullezza loro, dalla Republica Romana, con mortal imprudenza, ottennero i primi honori, e le più supreme dignitadi, qual altro grado maggiore avanzava da sperar nella Vecchiaia, che quella assoluta signoria della Tirannide, alla quale Cesare scopertamente, Pompeo con più cupi artificij aspirarono poi? Disordine gravissimo, e dal quale la famosa libertà Romana dovea riconoscere la sua morte.

Ancorche la stessa Serenissima libertà Venetiana segni grandissimi desse, che il parer dell’Aretino sommamente le fosse piaciuto, comandò nondimeno a gli altri virtuosi, che avanzavano, che seguissero a dir le opinioni loro. All’hora Benedetto Varchi così cominciò. La mia Republica Fiorenti-


D               na, che