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e di tutti i disordini, preservava la libertà Venetiana, era quella principalissima Reina di tutte le leggi, quell’ottimo instituto, tanto inviolabilmente osservato da lei, che per esaltar un Senatore à’ gradi più supremi non la grandezza del parentado, non la splendidezza delle molte ricchezze, non i meriti de’ padri, e de gl’altri antenati, ma il nudo valore, la virtù stessa di colui, che chiedeva il Magistrato erano havuti in consideratione, onde accadeva, che in Vinegia la Nobiltà vitiosa, & ignorante, facea numero, mentre solo la virtuosa, e meritevole comandava, e governava, con quella prudenza, che era nota à tutto il mondo.

Ma Leonardo Aretino, da poi che molto hebbe lodato il parer del Boccaccio, soggiunse, che l’uso eccellente della Republica Venetiana, di non dar alla sua Nobiltà carichi di salto, ma graduatamente, era quella base saldissima, dove era fondata la grandezza, e l’eternità di tanta libertà, e che mirabilissimo precetto era, che qual si voglia Nobile, per salir alle supreme dignitadi, fino dalla sua prima giovanezza fosse sforzato cominciar da’ più bassi Magistrati; costume saluberrimo, come quello, che partoriva l’effetto importantissimo di mantener quella vera, e sostantiale uguaglianza tra la Nobiltà di una Aristocratia, che dà lunga vita al viver libero, perche appresso i veri intendenti delle cose di Stato, non la parità de’ beni faceva uguali i Senatori nelle Republiche, ma che tutti i Nobili fossero costretti di caminare alla grandezza delle dignitadi più supreme per la strada medesima di cominciar il corso de’ Magistrati, dalle stesse ultime mosse. Legge degna della molta sapienza Venetiana, della quale, perche affatto fu priva l’antica


Repu-