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DI PARNASO. 21

alcuni soggetti Nobili, non operassero quei pernitiosi effetti di far gonfiar di boria, e di superbia quei, che le possedevano, molti de’ quali sempre si erano veduti nelle altre Republiche; che però instituto rarissimo era, che in Vinegia quei Senatori, che haveano ricchezze da Prencipe, in casa poi sapessero viver da privati Cittadini, e nelle piazze in niuna cosa fossero differenti, da i più poveri, e che solo i Venetiani haveano saputo trovar il vero modo da separar dalle molte ricchezze quei mali dell’ambitione, della superbia, e del seguito de i Cittadini poveri, che la famosa libertà romana non seppe, o non potè prohibir in Cesare, in Pompeo, & in molti altri Senatori facoltosi.

Fornito che hebbe il Pontano il suo ragionamento, disse il Commendator Annibal Caro, che sopra ogni altra meraviglia nella Serenissima Republica Venetiana egli sempre havea ammirato lo stupor grande, di veder il Serenissimo Prencipe di così famosa libertà, con un ossequio, una riverenza, una Maestà da Re, e con una auttorità da Cittadino, e che il congiungere l’infinita veneratione con la limitata auttorità, la lunghezza dell’Imperio del Prencipe, con la modestia, erano temperamenti stati ignoti alla prudenza de gl’antichi Legislatori delle Republiche passate, sapienza solo felicemente pratticata dal Senato Venetiano.

Bartolomeo Cavalcanti disse appresso, che come havea notato il Pontano, cosa molto rara era veder nella Republica Venetiana, che le facoltà de’ grandi non facessero insuperbire i Senatori ricchi, ma che portento molto maggior era veder, che tali fossero gl’ordini di quella eccelsa libertà, tali le Santissime leggi di quella eterna Republica,


che