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20 | RAGGUAGLI |
Città, essendo pieni di granci, i Senatori Venetiani nondimeno ne pigliavano così pochi, che meritamente da tutte le nationi erano stimati il sale della terra.
Seguì poi il Sabellico e disse, che mentre egli scriveva l’historia Venetiana, diligentemente havendo osservati gl’ottimi instituti di così prestante libertà, niuna cosa più ammirava in lei, che il danaro pubblico, anco da i Senatori bisognosi venisse maneggiato con tanta fedeltà, che tra la Nobiltà, non solo eccesso capitale, ma somma infamia fosse riputata, il bruttarsi le mani di un soldo di S. Marco.
Disse appresso Iacopo Sannazzaro, che maravigliosa cosa gli pareva nella Republica Venetiana, che nella Nobiltà trovandosi molti mal proveduti de’ beni di fortuna, questi nondimeno con patienza indicibile si videssero tollerar le miserie private, senza pur ne meno col pensiero, affettar le immense ricchezze pubbliche, con quelle seditiose leggi frumentarie, & agrarie con le quali da’ suoi cittadini tanto fu travagliata la famosa Republica Romana; e che era cosa degna di lode, e di meraviglia grande, veder che in Vinegia il Nobil povero con la sola virtù si sforzava di sollevarsi dalle sue miserie, studiando rendersi meritevole di esser dalla sua patria impiegato ne’ carichi lucrosi, onde accadeva, che la vertù, il valore, e la bontà dell’animo, al Nobil povero, nella Republica Venetiana servivano per molto ricco patrimonio.
Soggiunse poi Giovanni Gioviano Pontano, che tutto quello che era stato detto, erano meraviglie grandi, ma che la maggior cosa, ch’egli sempre nella libertà Venetiana havea ammirata era, che le immense ricchezze che si trovavano in
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