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vescovo e protettore di Acerenza; e mentre san Mariano, diacono, mori schiacciato sotto un torchio in Acerenza, san Laverio, semplice lettore o acolito, fu morto non so se dicano a Tito 0 a Giumento. Ma questo so che essa tradizione afferma che Ripacandida fu patria ad amendue; mentre le reliquie di amendue sono ad Acerenza.1

Due correnti diverse fluivano dunque ai due lembi della regione; quella della valle dell’Agri c quella dell’alto Bradano. L’una e l’altra hanno un solo punto di contatto; ed è Acerenza.

E questa stessa diversità loro, e questo stesso punto di contatto indica, a chi comprenda il lavorio creativo della fantasia popolare, che sotto le varie forme delle varie e lontane regioni qualche dato di storia ò d’uopo abbia esistito; quantunque non ci è fatta abilità di conoscere che cosa egli fosse.

A noi, pel nostro intento, basta avere mostrato che il soggetto della leggenda saponarese esisteva nell’ambiente poetico del popolo, e dalla fantasia popolare, come avviene a tutto le tradizioni, variamente foggiato e determinato. Da questa fonte trasse il soggetto lo scrittore del secolo XII; e sul dato della tradizione egli ricamò aiutato sia dalla fantasia propria, sia dalle reminiscenze della letteratura leggendaria.

Imperocché egli è certo che lo scrittore traeva ispirazioni od esempi dalla fonte generalissima di questa copiosa letteratura delle leggende: senza delle quali fonti non avrebbero potuto sorgere nella sua scrittura certi dati di fatto che por la singolarità loro sono degni di nota. Coteste fonti si riferivano più specialmente, come ho già detto, alle persecuzioni della Chiesa di Africa.

E giudichi il lettoro da quello che siamo per dire.

  1. 1 Nella Vita di Giovan Battista Rossi, arciprete di Ripacandida (Napoli, 18...), a pag. 3 è scritto: «Nelli primi secoli della Chiesa renderono più illustre questa patria (di Ripacandida) li gloriosi ss. martiri Mariano diacono, e Laviere suo fratello vergine (?); e le loro reliquie si venerano nella città di Acerenza e nella terra di Tito, ivi del primo e quivi del secondo, > — Oggi la tradizione più o meno erudita della chiesa di Ripacandida, dice che < ambo i fratelli Mariano diacono e Laviere lettore erano associati a san Canio, vescovo di Acerenza; e che il primo per la fede cristiana venne martirizzato sotto un torchio in Acerenza (come si attesta nell’ufficio che si legge nella festa di san Mariano il 30 aprile in Ripacandida); ed il secondo veniva martirizzato lì dove fu l’antica Grumento, ove erasi recato a predicare.> — Queste notule io lo debbo alla cortesia dell’egregio signor Francesco Lioy di Ripacandida.