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Capitolo VI.

FONTI DELLA LEGGENDA.


Nel prologo alla leggenda lo scrittore dice che si propone di scrivere gli Atti del santo, traendo la materia tam ex vetustis ecclesiæ grumentinæ monumentis, quam ex antiquis Probi scriptis, sancti ecclesiæ presidentis, et successivis traditionibus.

Tre sono dunque le fonti, a cui egli dice di attingere: vetusti monumenti della chiesa grumentina; scritti del prete Probo, e successive tradizioni. Lo tre fonti rispondono alle tre parti, in cui ci è parso ragionevole di dividere il testo degli Atti.

Di questo testo degli Atti, noi intendiamo dimostrare, nel presento lavoro, che la seconda e la terza parte non siano nè scrittura di Roberto diacono, nè opera del secolo XII; ma sì di molto posteriore età. Laonde, chiedendo per ora il benevolo assenso del lettore a questo postulato, diremo che la indicazione delle fonti, nel prologo, secondo le parole di sopra riferite, è una interpolazione posteriore allo scrittore nel secolo XII, — se pure tutto il prologo non sia un cappello nato postumo alla leggenda antica laveriana! Quel prete Probo, che sarebbe vissuto, secondo i computi degli Atti, negli ultimi venticinque anni del secolo IX (e vuol dire uno dei più bui e barbarici periodi del medio evo), quel Probo prete che tramanda ai posteri del secolo XII le sue memorie manoscritte sulle vicende della chiesa a cui serve, e delle reliquie che ha in custodia, sarebbe non impossibile miracolo letterario, per vero dire, ma un sì maraviglioso fenomeno per la caliginosa barbarie dei tempi, che, come fenomeno maraviglioso, sia lecito almeno il dubitarne! E il dubbio non sarà ostinazione di giudizi preconcetti, o leggerezza di critica negativa, chi consideri che parecchio notizie della seconda parte della leggenda (nella quale parte entra in iscena il prete Probo, e però vuolsi supporre che esse siano state cavate dagli scritti suoi) sono invenzioni di tempi moderni; perchè non potrebbero, nella interezza