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Il documento contiene inoltre un notevole accenno intorno al riconoscimento dei dritti giurisdizionali alle chiese del Napolitano; e giova, parmi, di riferirne le parole precise:

«.... E se tra tatto il collegio (di Saponara) o il vescovo (di Marsico) sorga una qualche altercazione, e il vescovo lo faccia noto al collegio, due o tre del clero vadano al vescovo, e nella curia di esso sulla sorta quistione gli rendano giustizia. E so la lite fosso sorta tra qualcuno del collegio e l’arciprete di Saponara, l’uno e l’altro vadano alla curia del vescovo, ed al di lui giudicio la causa legittimamente sia sciolta. E se l’arciprete, che è bajulo e ministro del vescovo, in alcun che del di lui dritto l’abbia defraudato, ne risponda, chiamato, nella curia del vescovo. E so la lite e la controversia fosse sorta tra alcuni de’ chierici di Saponara, ne facciano e ne accettino la giustizia innanzi al loro arciprete; nè siano sforzati di adire per tale piato la curia del vescovo, se non in caso che alcuno del clero, resistendo in contumacia, sprezzi di sottostare alla sentenza del suo arciprete o dei suoi fratelli....»

Dalle quali ultime parole si argomenta, che la forma giudiziaria dello scabinato era quella che regolava il procedimento di queste curie arcipretali. E forse più che privilegio di fòro, vuolsi considerare questa speciale giurisdizione come giudizio di pari, che si trasmutò poi in privilegio di fòro. Epperò, se tale fosse, dirò dubitando, l’origine di questi speciali istituti, non crederemo che l’antico esercizio della giurisdizione contenziosa venne alle chiese del Napolitano per concessione di Guglielmo I normanno, come dicono i nostri storici; ma il fatto, nonchè i germi del fatto preesistevano. Ad ogni modo, in grazia dell’importanza del documento, il lettore ci assolverà della digressione che ci ha sviato dal nostro tèma.

Al quale io ritorno per aggiungere che in questo documento del 1163 al nome di «Saulo arciprete» non è accoppiato nessun nome di famiglia. Gli è quindi forza dichiarare che, se la esistenza dell’arciprete Saulo nel 1163 è por me indubitata, tale non è il casato «di Goffrido» che egli porta negli Atti laveriani: e potrebbe giustamente dubitarsi in queste parole una interpolazione postuma.