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Capitolo V.

ROBERTO DI ROMANA; E SAULO DI GOFFREDO.


L’agiografia laveriana si chiude con le parole: Ego Robertus de Romana diaconus scripsi, anno domini 1162 (§ 71); e nel prologo di essa lo scrittore dice che egli scrive la leggenda, come può meglio, in rustico stile, a gloria di Dio, e per deferire ai comandi del venerabile uomo e signor mio, Saulo di Goffredo, arciprete di Saponara: mandante venerab. viro Saulo de Goffrido Saponaræ archipresbytero et Domino meo (§ 2).

Poichè manca ogni antico manoscritto ed è forza di attingere alla stampa ughelliana, non possiamo un qualsiasi argomento contrario all’autenticità del documento dedurrò dalla sottoscrizione del diacono Roberto, e dalla data che porta in fine. Così la mancanza della nota cronologica della indizione, come l’uso dello parole anno domini invece delle consuete ab incarnatione domini, nonchè l’uso, storicamente impossibile, delle cifre arabiche alla metà del secolo XII, non ci potrebbero per verità arrestare: dappoichè è probabile che la mancanza dell’una e l’uso delle altre siano negligenze dei copisti degli ultimi tempi.1 Anche nel corpo del documento, là dove si stabilisce la data del martirio del santo, mentre la indicazione dell’anno dall’Incarnazione non è dimenticata, la nota cronologica è in cifre arabiche, secondo la stampa ughelliana (§ 49).

Che un Roberto di Romana abbia esistito a Saponara nel secolo XII, a mio avviso non è da mettere in dubbio. Ne resta diretta testimonianza in un documento che è riferito dal dottor Ramaglia; e che egli dice «tolto da una pergamena a modo

  1. Infatti nella traduzione del Bruno la sottoscrizione è riferita in questi termini: «Ego Robertus do Romana a Saponara diaconus scripsi. Anno domini MCLXII.» Ma anche in questa forma ci ha varianti di parole che non sono nello stampe: e però non danno argomento di autenticità maggiore.