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sono eguali fra di loro; senza dubbio! — ma l'eguaglianza ad una terza bisogna sia dimostrata da prima! — Il CORCIA ripete anche lui, che < Tergia è detta la città di Tegianum negli Atti > di san Laverio: o quest’ultimo nome (ei soggiunge) è da cre> dere alterato dal primitivo (nome di Tegira) al pari di Tegia> non come la città nominavasi al tempo romano. > (Stor. III, 99.) — Per verità, arriviamo a vedere sì poco chiaro nelle cose più prossime a noi del medio evo, che il rimontare sì bravamente alle altezze più che preistoriche fa venire il capogiro; e la critica sub limen Olympi svanisce in vapori! Torniamo dunque sopra terra; e i castelli di carta vengono giù al minimo soffio. — Gli Atti laveriani nominano sì un < Vico Tergia, > ma non dicono che esso sia Tegianum. — Nessuna iscrizione è nota elio attesti la esistenza di una Tegia, o Tergia, equipollente a Tegianum. — Tra Tegianum città e Tegianum-populi non parmi si vegga affinità fonologica certa, o parentela morfologica accettabile. E piuttosto che identità tra le due, ,mi parrebbe lecito affermare due cose: — o il passo di Plinio è errato, e invece di Tergilani si ha da leggere populi Tegiam, anzi Tegianenses; — o, se non sia errato, si ha da ammettere un’antica Tergila, che è ignota a tutti finora, ma che ad ogni modo è ben’altra cosa che il noto Tegianum. — Per me, lo confesso, ho creduto sempre di errata lezione il passo di Plinio. Ma lasciando da parte gli spolveri e i ricami degli eruditi, e stando al nudo testo degli Atti, questo solo può inferirsi, cioè che il prefetto Agrippa risiedesse nella città di Acerenza; e che il < vico Tergia > ove era nato Laverio, appartener dovesse alla giurisdizione di quel magistrato supremo. Or da questi dati di fatto è lecito di trarre queste conseguenze, cioè: che o il vico Tergia appartenne alla Lucania, se Acerenza era compresa nella provincia o regione di Lucania, come io non ne dubito; o appartenne all’Apulia, se Acerenza voglia allogarsi nella regione pugliese, come pure a qualche scrittore è accaduto di fare per quella facile larghezza alla promiscuità in tutte le cose che sono di confine. Questo secondo caso è meno probabile: ma lo scrittore degli Atti non è tanto accurato, ovvero oculato, che non abbia potuto bevere grosso. — E non basta. È più che verosimile il ritenere che l’Agrippa degli Atti fosse piuttosto un Corredor, anziché un Preside o Prefetto di provin-